La storia di Taranto

LA STORIA DI TARANTO / 10a PUNTATA - GLI INVASORI ARABI

14.08.2013 17:39

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Decima puntata della cliccatissima 'Storia di Taranto' realizzata in esclusiva per TuttoSportTaranto.com da Aldo Simonetti


 

Affamati di preda e spinti da uno spirito bellico d'ispirazione maomettana, nel giro di appena un secolo gli Arabi mettono in ginocchio gran parte del Mediterraneo partendo dal rovente e desertico territorio d'origine. Sottomessa l'Africa settentrionale con l'uso della spada e della parola di Allah, questi orgogliosi e permalosi guerrieri dalla pelle abbronzata non esitano a puntare subito alla fiorente Sicilia. Così, nell'827 sbarcano a Marsala da dove prende piede la conquista dell'isola (già in mano ai Bizantini), completata in brevissimo tempo. Se l'appetito vien mangiando, altrettanto gli Arabi non perdono l'occasione di spingersi oltre e violare le acque italiane i cui padroni e i confini non sembrano ben definiti. Ed è così che, intorno all'840, i Saraceni (denominazione, questa, loro attribuita dai Greci) arrivano ad insediare le mura di Taranto dopo uno 'scalo' a Brindisi. La città ha sì le sembianze di un borgo piccolo ed insignificante, ma in realtà strategico in chiave militare: ecco spiegata la ragione della sua presa, tra l'altro avvenuta senza resistenza alcuna da parte della popolazione. Vano è l'intervento dei Bizantini coadiuvati dalle potenti flotte veneziane: nelle acque al largo di Crotone non rimediano che una cocente sconfitta che sancisce il dominio musulmano nel nostro circondario, nonchè nell'Italia meridionale. La conquista di Taranto non lascia indifferente l'Europa; da qui può infatti partire l'avanzata araba nelle acque dell'Adriatico, che di fatto rappresenterebbe un autentico colpo inferto al continente. Intanto, i nostri avi non sembrano passarsela bene, almeno dapprincipio. L'impatto con il nuovo invasore è davvero agghiacciante: edifici religiosi distrutti, case depredate ed uccisioni rappresentano il prezzo da pagare a questi famelici uomini giunti dall'Oriente. Tuttavia, con gli anni i trattamenti s'irrigidiscono sempre meno fino a creare dei presupposti di autentica convivenza. A darne testimonianza è libertà di culto concessa, sebbene sia vietato erigere nuove chiese. Le fonti riguardanti il periodo in questione sono davvero carenti, pertanto non è possibile dare un giudizio globale sulla qualità della vita dei Tarantini. C'è chi parla di condizioni migliori di quelle verificatesi sotto l'egida bizantina, chi rla perfino di deplorevoli stati di schiavitù. A tal proposito, un monaco d'origine franca, qui giunto per poter imbarcarsi alla volta della Terrasanta, riferisce di ben 9000 cristiani imbarcati nel porto per essere venduti ai mercati dell'Africa: e tra questi, credo, moltissimi nostri concittadini. Da questo unico dato è possibile inoltre rilevare come il nostro porto costituisca un vitale punto d'appoggio per il commercio e le operazioni belliche. Niente male. Ad ogni modo, la permanenza saracena a Taranto dura solo quarant'anni. Già nell'887 Niceforo Foca è fautore di una riscossa che da Costantinopoli porta alla riconquista del Mezzogiorno. C'è da attendere solo qualche decennio perchè la rabbia e l'orgoglio musulmani si abbattano nuovamente sulle nostre esistenze. Forti della negligenza bizantina sul nostro territorio, gli Arabi danno vita a nuove scorrerie, ancora più violente. Nel 927, dopo una serie di devastazioni attuate quà e là per il Sud, tocca a noi. Chiese, palazzi, case ed edifici vari ridotti in macerie, abitanti massacrati e drammatiche diaspore verso la vicina Basilicata e le Murge. Probabilmente, un bollettino da guerra da far accapponare la pelle ad Attila e Totila, sta di fatto che la città è letteralmente trasformata in uno strato di polvere.

EREDITA' LINGUISTICHE E CULTURALI: Non è difficile, facendo una disamina del nostro vocabolario, imbattersi in termini di origine araba. La vera difficoltà sta però nell'attribuirli con assoluta certezza ai contatti stabilitisi nel periodo di cui abbiamo fatto trattazione. Infatti, anche la dominazione spagnola e l'influsso della lingua italiana, che presenta una discreta quantità di questi lessemi, possono aver fatto da tramite per l'importazione di arabismi nel tarantino. In virtù di questo, mi limito a riportare quelle voci di cui nella comunicazione quotidiana facciamo ancora largo uso, indipendentemente dal periodo storico in cui sono stati introdotti. Esempi sono le parole 'cupéte' (torrone),'chiaùte' (bara), scarciòppele (carciofo). Quanto all'onomastica, non c'è molto da dire. In Puglia, diversamente dalla Sicilia, la colonizzazione saracena non ha ben attecchito. Ciò malgrado, lasciando spazio ad un pò di fantasia, è possibile intravvedere (benchè in tinte sfocate) qualche lascito anche tra i Due Mari. Il cognome Saracino, infatti, affonderebbe le radici nella terra di Maometto o, in qualche modo, potrebbe essere collegato a detti conquistatori qui insediatisi successivamente. Ma sono i costumi a palesare la stratificazione araba nella nostra cultura, sottoforma di eredità ancor'oggi tangibili. E' il caso della canzone napoletana (anche nelle sue opinabili forme 'neomelodiche'), laddove il timbro che lo caratterizza richiama vocalità tipiche del Medio Oriente. Ancora, l'usanza (che a Taranto va lentamente scemando) di convolare a nozze in giovane età e la 'prefica' (manifestazione femminile del dolore nel corso di cerimonie funebri, caratterizzata da un'eccessiva gestualità, pianti ed urla) sono prodotti di marchio arabo.

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