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Trapani - Taranto 3-0: una squadra che non c'è, una piazza che non ci sta

di Rossana Sangineto

18.01.2025 19:50


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Il 3-0 subito contro il Trapani è solo l’ultimo capitolo di una stagione che, per il Taranto, è sempre più priva di senso. Una squadra che scende in campo per dovere, senza identità né ambizioni, e che per la tifoseria intera non dovrebbe nemmeno calcare il terreno di gioco.  

Il sentimento dominante tra i tifosi non è solo delusione, ma una netta disconnessione emotiva con una realtà che non li rappresenta più. Praticamente, questa squadra non esiste: priva di un progetto sportivo, senza guida e incapace di incarnare i valori di una città che, storicamente, ha sempre trovato nel calcio una ragione di orgoglio e appartenenza.  

Contro il Trapani, il Taranto è apparso ancora una volta lontano anni luce dal livello minimo richiesto per competere. La doppietta di Lescano  e la rete di Ciotti hanno sigillato una gara che, di fatto, non ha mai avuto storia. In campo, i rossoblù semplicemente non ci sono.

Murgia, al debutto come tecnico, ha potuto fare ben poco con un gruppo totalmente privo di riferimenti. La squadra, che ogni giorno perde pezzi nel calciomercato invernale, gioca rassegnata a un destino già scritto, confermando le contestazioni di chi, da tempo, chiede cambiamenti radicali.  

La contestazione della tifoseria tarantina, infatti, non è solo un atto di rabbia, ma una dichiarazione di principio. Il messaggio è chiaro: questo Taranto non è il nostro Taranto. Lo striscione “Capuano come Schettino”, portato sugli spalti di Trapani, ma già noto in città dall'abbandono della panchina rossoblu per Foggia, i cori di protesta e le bombe carta e i fumogeni lanciati in campo a inizio partita, sono l’espressione di un malessere che riguarda il totale scollamento tra il Taranto e piazza.  

Pressoché per tutti, il Taranto dovrebbe semplicemente fermarsi, perché così facendo non rappresenta nulla se non una triste parodia di ciò che dovrebbe essere. Questa squadra è percepita come un corpo estraneo, incapace di onorare la storia e il sacrificio di chi negli anni ha costruito un legame indissolubile con la maglia.  

In questa situazione, andare avanti sembra un atto di accanimento. La tifoseria chiede dignità e rispetto: fermarsi, ripensare tutto e ricostruire dalle fondamenta potrebbe essere l’unica via d’uscita. Continuare a scendere in campo in queste condizioni è soltanto dannoso per il futuro del club e per il legame con una città che, nonostante tutto, non ha mai smesso di amare il Taranto.  

Servono scelte coraggiose, perché l’immobilismo non farà che aggravare una frattura che risulta ormai insanabile.

Trapani - Taranto 3-0: una squadra che non c'è, una piazza che non ci sta

Il 3-0 subito contro il Trapani è solo l’ultimo capitolo di una stagione che, per il Taranto, è sempre più priva di senso. Una squadra che scende in campo per dovere, senza identità né ambizioni, e che per la tifoseria intera non dovrebbe nemmeno calcare il terreno di gioco.  

Il sentimento dominante tra i tifosi non è solo delusione, ma una netta disconnessione emotiva con una realtà che non li rappresenta più. Praticamente, questa squadra non esiste: priva di un progetto sportivo, senza guida e incapace di incarnare i valori di una città che, storicamente, ha sempre trovato nel calcio una ragione di orgoglio e appartenenza.  

Contro il Trapani, il Taranto è apparso ancora una volta lontano anni luce dal livello minimo richiesto per competere. La doppietta di Lescano  e la rete di Ciotti hanno sigillato una gara che, di fatto, non ha mai avuto storia. In campo, i rossoblù semplicemente non ci sono.

Murgia, al debutto come tecnico, ha potuto fare ben poco con un gruppo totalmente privo di riferimenti. La squadra, che ogni giorno perde pezzi nel calciomercato invernale, gioca rassegnata a un destino già scritto, confermando le contestazioni di chi, da tempo, chiede cambiamenti radicali.  

La contestazione della tifoseria tarantina, infatti, non è solo un atto di rabbia, ma una dichiarazione di principio. Il messaggio è chiaro: questo Taranto non è il nostro Taranto. Lo striscione “Capuano come Schettino”, portato sugli spalti di Trapani, ma già noto in città dall'abbandono della panchina rossoblu per Foggia, i cori di protesta e le bombe carta e i fumogeni lanciati in campo a inizio partita, sono l’espressione di un malessere che riguarda il totale scollamento tra il Taranto e piazza.  

Pressoché per tutti, il Taranto dovrebbe semplicemente fermarsi, perché così facendo non rappresenta nulla se non una triste parodia di ciò che dovrebbe essere. Questa squadra è percepita come un corpo estraneo, incapace di onorare la storia e il sacrificio di chi negli anni ha costruito un legame indissolubile con la maglia.  

In questa situazione, andare avanti sembra un atto di accanimento. La tifoseria chiede dignità e rispetto: fermarsi, ripensare tutto e ricostruire dalle fondamenta potrebbe essere l’unica via d’uscita. Continuare a scendere in campo in queste condizioni è soltanto dannoso per il futuro del club e per il legame con una città che, nonostante tutto, non ha mai smesso di amare il Taranto.  

Servono scelte coraggiose, perché l’immobilismo non farà che aggravare una frattura che risulta ormai insanabile.

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