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La tradizione calcistica nella provincia si sta perdendo, perché?

a cura di Fabrizio Izzo

22.12.2016 12:11

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Immagine ZaccagniIl calcio dilettantistico provinciale sta attraversando un periodo sicuramente poco positivo. Nella stagione calcistica in corso su 28 comuni, di cui e’ composta la provincia ionica (escluso Taranto), ben 12 non hanno la squadra cittadina. Alcuni paesi hanno la struttura ma non la squadra, altri hanno la squadra ma non la struttura. Un po’ di tempo fa, per le amministrazioni, era quasi un obbligo avere la squadra di calcio che rappresentasse il comune, era motivo di orgoglio per i sindaci poter parlare bene della squadra del proprio paese nel bel mezzo delle riunioni. Le amministrazioni prime a fare il tifo e i colori della maglia che rappresentavano il paese inorgoglivano gli spettatori. E ora? Si sta perdendo la tradizione, quella dell’andarsi a vedere la squadra del paese, quando l’attaccamento alle origini erano dettati anche dai colori sociali. Campanilismo ai massimi livelli in quelle domeniche pomeriggio, tra pietre e fango, tra polvere e pioggia, l’importante era essere presenti. Bestemmie, insulti e immediate santificazioni, un calcio che ormai ha abbandonato questa dimensione, oggi i campi sono poco frequentati, tolto qualche caso particolare, c’è freddezza. Il calcio a questi livelli sta perdendo credibilità, cosa è potuto succedere, cosa non funzione o sta funzionando male. Le problematiche possono essere tantissime e di natura svariata ma credo che i punti focali di questo impoverimento sociale del calcio dilettantistico provinciale possano essere tre:

Capitale: non ci sono sponsor e quindi niente denaro liquido, elemento fondamentale per sostenere una struttura organica e logistica di cui ha bisogno una squadra, purtroppo è da parecchio tempo che il foraggio è assente. La famigerata crisi ha chiuso un po’ i rubinetti diminuendo, in alcuni casi interrompendo, il flusso di denaro. Sono pochi i presidenti con possibilità economiche tali da poter condurre una stagione solo con i propri mezzi, gli aiuti mancano, il calcio a questi livelli non è considerato una forma di investimento, il giro di soldi si è ridotto all’osso. Del resto non poteva essere altrimenti, c’è spavento, qui da noi il bicchiere è sempre mezzo vuoto, un punto di vista opinabile ma allo stesso tempo inattaccabile.

Le strutture: mancanza di strutture idonee o almeno adeguate di cui disporre, la fatiscenza di alcuni impianti o le mancate autorizzazioni costringono le società a migrare per i campi della provincia, là dove esistono, o addirittura a scomparire o a cambiare status perché impossibilitate a mantenere le categorie per via delle omologazioni, giustamente, non concesse. Perché non sistemare e adeguare gli impianti? Le priorità dei comuni sono smistate su argomenti certamente più utili alla cittadinanza, di conseguenza il calcio passa in secondo piano. Come dare torto alle amministrazioni che vivono, con parametri diversi, la stessa crisi della società? Nessuno vuole dare torto alle amministrazioni ma quando si tratta di rimettere a posto queste cose in alcuni casi è facile entrare in un turbinio di situazioni particolarmente complicate, un intreccio tra sport e politica che rischierebbe di scandalizzare parecchi di noi e che troppe volte sfocia nel personale, senza obiettività.

L’inefficienza: organigramma societari inappropriati che influiscono significativamente sull’andamento della squadra. È necessario comprendere che anche nelle società dilettantistiche ci vogliono le persone giuste al posto giusto, ognuno deve sapere cosa fare, quando fare e con chi fare. Questo è un particolare che riguarda tutti gli elementi di una società: dal Presidente al Massaggiatore, dal Direttore sportivo al semplice dirigente, dall’allenatore ai giocatori. Anche in un ambiente dove non è necessario il professionista, perché non c’è professionismo, è fondamentale lavorare con professionalità, un concetto che in alcune occasioni non ha casa e a molti è sconosciuto.

Da tutto questo parte l’improvvisazione, la superficialità che comporta la dispersione di energia, di idee e di quei pochi fondi a disposizione. Sinceramente non escludo ci siano altre problematiche a me sconosciute. Ne scaturisce che le compagini non si attrezzano in modo adeguato al campionato di riferimento, non vengono acquistati giocatori all’altezza, tanti calciatori rifiutano determinate società per la fatiscenza degli impianti, poca progettualità nell’ambito dei settori giovanili e quel che è peggio scarsa pianificazione anche nelle attività stagionali con prospettive assenti o per niente lungimiranti. Insomma non sono solo i soldi ad essere assenti, manca un idea ben precisa del calcio come organizzazione attraverso la quale costruire tecnicamente una squadra, avvalendosi di elementi capaci di realizzare concretamente un programma. È una condizione che accomuna sicuramente tante squadre ma in questi ultimi anni particolarmente le squadre tarantine. Sembra quasi come se la nostra provincia fosse più povera e non solo di soldi, un’impressione non bella ma purtroppo tangibile e ciò emerge comparando, anche inconsciamente, le società tra loro. La sensazione è che da queste parti il calcio dilettantistico stia lentamente ma inesorabilmente lasciando il posto a qualcos’altro. Ci sono cittadine e società nella provincia ionica che meritano palcoscenici diversi da quelli dilettantistici, ci sono potenzialità e bacini di utenza importanti che sono sfruttati male o non sfruttati per niente. Un panorama poco edificante, si può fare meglio, si può fare di più. Con un po’ di umiltà sarebbe anche giusto guardarsi intorno e prendere spunto da chi sta facendo bene, questo non significa copiare e incollare, significa imparare e migliorarsi. Il calcio, in provincia, è sempre stato un punto fermo dell’attività sportiva tarantina, un qualcosa di importante, un movimento seguito con interesse da tutti, oggi l’apparenza è quella di un pachiderma che si trascina stancamente verso una immaginaria linea del non ritorno. Uomini del calcio ridate lustro alle società, rimettete in ordine i tasselli, sforzatevi di proporre al tifoso qualcosa di stimolante e soprattutto sappiate che non è sempre colpa di terzi quando le cose non funzionano. E tu calciatore, protagonista indiscusso di questo sport, in qualsiasi categoria, con qualsiasi maglia ritorna alle origini quando il calcio era un piacevole divertimento e si giocava per il gusto di essere applaudito, acclamato dal pubblico della cittadina e di essere l’incastro dell’ingranaggio squadra-tifosi che solo nel calcio di provincia è vissuto nell’anima.

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