LA STORIA DI TARANTO / 18a PUNTATA - LA DOMINAZIONE SPAGNOLA / PARTE II
Eredità linguistiche e culturali
La spada ispanica ci ha sottomesso per circa due secoli, lasciandoci in eredità una serie di costumanze ('spagnolerie') che ai nostri occhi non sfuggono, ma di cui ignoriamo la loro effettiva origine. A questo punto è legittimo che mi poniate la seguente domanda: "Ce ssò ca te è bevute?". Poichè mi considerate brillo, vi mostrerò tuttò ciò che di spagnolo ci circonda dall'attimo in cui posiamo il piede fuori di casa.
Apriamo il portone e fissiamo lo sguardo su di un passante, magari il classico 'cuzzare' con al collo una catena di grandezza pari a quella con cui abitualmente venivano legati gli schiavi all'interno delle galere rinascimentali. Proprio questo esagerato ostentare una collana abnorme (preferibilmente sotto una camicia aperta quasi sino al ventre) è un retaggio spagnolo. Non volete crederci? Date un'occhiata ad alcuni dipinti del Goya e del Velazquez ed osservate i soggetti ritratti: somigliano un pò a quei nostri conterranei appena menzionati, vero? Del resto, anche Benedetto Croce, che con la storia aveva confidenza quanto Maradona con il pallone, ci dà conferma nei suoi saggi. Camminiamo per un pò e c' imbattiamo in due tipi, nel bel mezzo di un'accesa disputa, intenti a proferire minacce del tipo :"Qual je u probleme?" o "No sce tuccanne a frateme". Il gusto della polemica e il forte senso di orgoglio, l'insulto e le sfide a vuoto fanno parte dell'eredità culturale iberica che il Manzoni, peraltro, ebbe a segnalare nelle pagine dei suoi "Promessi Sposi" tra 'bravi' e prepotenti di ogni sorta (anch'essi spagnoli!!!) in una Lombardia che nel XVII secolo offre di sè un'immagine tutt'altro che fascinosa. Un'usanza ormai al tramonto e che i nostri progenitori di Madrid ci hanno insegnato è il baciamano. Diversamente dai 'maschi' appartenenti alle più recenti generazioni, soliti corteggiare le dame (come no?!) per mezzo di battute sconce -lungi da qualsivoglia forma di creanza-,ed esclamazioni quali "Ce, me la dà?" e "Oh,amò!" (e nondimeno tra le rappresentanti del gentilsesso lo 'stile' va poi così di moda), è ancora possibile scorgere tra le strade della nostra città qualche anziano utente di quella vetusta forma di galanteria.
Quanto appena detto è solo l'inizio del copioso inventario di ''cose spagnole'' penetrate e, successivamente, cristallizzatesi nella nostra cultura.
Gettando uno sguardo al nostro dialetto, poi, svariati sono i lessemi, oggi di largo uso, importati dagli occupanti assieme a numerose malattie (tra cui la peste, vera piaga del Seicento). Eccone un breve elenco:
'marange' (arancia), da 'naranja';
'farfugghiare' (maneggiare), da 'farfullare';
'locche' (stupido), da 'loco';
'pagliatone' (mazziata), da 'apalear';
''nzvuse' (sporcaccione), da 'ensevar';
''ngarrare' (aggiustare), da 'engarrar';
'sumane' (settimana), da 'semana';
'rasckare' (mi esimo dal tradurla), da 'rachàr'.
Degno di nota è l'impiego del verbo 'tenere' per 'avere' (''tenghe male de cape!'') analogamente al castigliano. Anche la metafonesi della vocale -o in -ue (vedi 'muerte') può essere ricondotta alla serie di concessioni linguistiche giunte dalla sponda occidentale dei Mediterraneo.
Ebbene, tarantini, siete ora coscienti di essere lontani parenti di Iker Casillas e Henrique Iglesias? Ancora no? D'accordo, vi darò un'ulteriore prova al fine di convincervi.
Alzi la mano chi non ha mai sentito almeno uno di questi cognomi da noi abbastanza diffusi: Valdevies, D'Ayala, Lopez, Enriquez (una famiglia recante tale cognome era proprietaria di una nota catena di profumerie), Villegas, Pomes, De Rolandis e Perrone. Gli antenati di questi tarantini purosangue erano (e le documentazioni del tempo ne danno ampia testimonianza) funzionari del vicerè, ufficiali e soldati (con rispettive consorti), tutti fedeli alla Corona di Spagna. Chissà poi quanti di noi discendono da matrimoni e accoppiamenti tra conterranei di Miguel de Cervantes da una parte e di Giovanni Paisiello dall'altra?
E che dire dei sacri Riti della Settimana Santa, prodotto d' importazione iberica che il signor Calò patrocinò agli inizi del Settecento, dando il ''la'' a quello che senza dubbio sarebbe divenuto il fiore all'occhiello del ricco patrimonio culturale tarantino? O dei 'sanacchiutele', tipici dolcetti natalizi originari della Castiglia?
Ed ancora gli innumerevoli vizi ormai radicatisi nel tempo e che accomunano tutta la popolazione meridionale dovuti al malgoverno dei vicerè e dei suoi rappresentanti, come la corruzione, il vano senso dell'onore, l'eccessiva esteriorità religiosa e l'esibizione di ricchezze e lusso seppur a fronte di una formazione culturale scadente.
Commenti