LA STORIA DEI QUARTIERI DI TARANTO / TAMBURI, TRA 'CARUSENIDDE' E INDUSTRIA
Senza stare a scomodare 'vates' del calibro di Virgilio ed Orazio, che tanto ebbero a decantare il fiume Galeso e la dolcezza dei luoghi ad esso attigui (argomento meritevole di una distinta trattazione), è possibile collocare gli albori della storia del rione Tamburi intorno alla prima metà del XVI secolo
E' il 1543, quando, sotto la direzione dell'architetto tarantino Marco Orlando, prendono avvio i lavori di costruzione di archi appositi (in numero di 203 e tuttora in parte visibili) per lo scorrimento delle acque dall'antico impianto del Triglio - probabilmente risalente al VII secolo- in città, attraverso un canale successivo. Proprio nell'etimo di matrice dialettale attribuito alla cisterna dell'acquedotto in questione -Tamburro- è possibile rintracciare la genesi del suo nome. E' fuori dubbio che proprio in virtù del rumore ivi provocato dall'acqua, del tutto simile al rullare di un tamburo, sia stato coniato detto toponimo.
E' tuttavia ancora presto per poter parlare di un primo nucleo abitativo in zona, sino almeno alla metà dell'Ottocento . Non è affatto escluso, considerando l'esistenza di ulivi secolari e le varie tipologie di colture praticate-come testimoniato dal Gagliardo-, che nel periodo in questione vi siano presenti masserie ed edifici abitati da contadini, alcuni dei quali ridotti a ruderi.
Soltanto agli inizi del XX secolo, per far fronte al sempre crescente numero di famiglie dei dipendenti ferroviari e degli operai dei Cantieri Tosi, vengono edificate le prime palazzine, alcune delle quali, benchè corrose dal tempo e dai fumi dell'Ilva, tutt'oggi mirabilmente ben salde al terreno (nella fattispecie, sulle vie Galeso e Mar Piccolo).
L'area, sebbene urbanizzata, continua -come avviene ormai da tempo- ad essere meta privilegiata dei tarantini per scampagnate e week-end all'aperto (nonché i classici 'carusenìdde'). E non solo. Sul finire degli anni '20, infatti, ecco apparire il culto per Sant'Antonio, con relative processioni e manifestazioni che coinvolgono tutta la cittadinanza: si tratta di una di quelle rare occasioni di 'movida' all'interno del nuovo rione.
Eretta l'Italsider (in seguito denominata Ilva) e sloggiata una buona parte di abitanti della Città Vecchia, -conseguentemente alle precarie condizioni edilizie- il quartiere si espande più a nord, sino ad occupare una superficie di vaste dimensioni.
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