LA STORIA DEL DIALETTO TARANTINO / I GRECISMI NEL DIALETTO TARANTINO

24.08.2013 22:11

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Come si è già avuto modo di dire nella precedente puntata, l’area linguistica tarantina si contraddistingue da quelle circostanti per il suo carattere prettamente greco


Di questo, ad oggi, è sopravvissuto relativamente poco, specie in virtù del gran numero di sostrati succedutisi sul territorio nel corso dei secoli. Ciò malgrado, risulta arduo il compito di discernere le derivazioni elleniche di età magnogreca da quelle del periodo bizantino, ragion per cui all’interno di questa cartella è riportato solo ciò che ha potuto godere del crisma della ricerca scientifica, che ne ha verificato l’effettiva rispondenza al periodo in questione.

Ad ogni modo, l’impronta greca è tuttora percettibile nel lessico, come testimoniano le seguenti parole di uso comune:
vastáse <  dal gr. bastázo (‘sollevare’ o ‘portare sulle spalle’)
càndere <  kántharos (‘coppa a due manici’)
celóne <  chelóne (’testuggine’)
spuénze/spuénzele < sfóndulos (‘spondilo', sorta di conchiglia)
caúre < kaboúrion (‘granchio’)
tumbàgne < tumpánion (‘coperchio’)
vucále < baúkalis (‘vaso per bere’ o 'boccale')

Tra questi potrebbe essere incluso il termine 'vópe' (indicante una specie di pesce, di largo impiego nella cucina tarantina), ma gli studiosi sono concordi nel ricondurlo all'influsso bizantino. Ormai caduto in disuso, è il verbo 'nzalanìre' ('intontire', 'storidire'), dal greco 'seléne' ('luna', con riferimento a chi è lunatico).

Tra i monumenti linguistici (intendendo, con questi, sia lessemi, morfemi che costrutti sintattici) di matrice greca e conservatisi nel tempo, la caduta dell’infinito dopo verbi indicanti una volontà o un ordine: "vògghje cu dòrme" (‘voglio dormire’), laddove la congiunzione ‘cu’ regge un verbo indicativo. Analogamente, in Calabria (altra zona d’influsso magnogreco) esiste la forma "vògghju ma dòrmu". A sancire la veridicità di questa tesi, l’assenza nel greco moderno di tale infinito, come dimostra la frase "???? ?? ???????" (Thelo na koimitho-voglio dormire), caratterizzata dalla congiunzione ?? .

Altro retaggio ellenico è il costrutto fraseologico utilizzato per esprimere l’età mediante il verbo ‘essere’: "de quànde ánne sì?" (quanti anni hai?), tuttavia da tempo soppiantato dal più consueto "quànde ánne tìnne?" (qui l'ausiliare 'avere' ha avuto la meglio) . Ancora, nel greco moderno, compare la forma "???? ?????? ?????;" (letteralmente,"'di quanti anni sei?").

Infine, va menzionato un particolare impiego dei tempi nelle frasi ipotetiche: "scè putéve, parláve' ('se potesse, parlarebbe'), dove, in luogo del congiuntivo -nella protasi- e del condizionale -apodosi-, compare l'imperfetto indicativo, sebbene la frase non sia riferita al passato, ma ad una possibilità rivolta al presente. In questo caso, nondimeno, potrebbe sorgere qualche dubbio: questo costrutto è infatti comune alla zona linguistica di Taranto quanto a quella salentina (non inglobata nel territorio della Magna Grecia), motivo per il quale ciò potrebbe figurarsi come un lascito dell'occupante di Bisanzio.

Va detto, a margine di questo discorso, che Taranto e Cuma (colonia nei pressi di Napoli) rappresentano in età magnogreca i due maggiori centri d’irradiazione della cultura ellenica su tutta la penisola. Non è da escludere che, proprio a partire dalla nostra città, l’alfabeto greco si diffonda sino ad influenzare l’Etruria prima e Roma poi. Pertanto, non è eresia sostenere che l’alfabeto più utilizzato al mondo (dalle Americhe all'Oceania, passando per l'Europa e l'Africa), quello latino, di chiara derivazione greca, possa aver preso piede proprio da qui. E per i figli di Falanto ciò costituirebbe valido motivo d’orgoglio.

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