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La storia delle figurine

di Antonio Valentino

11.11.2017 01:25

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La nostra Treccani definisce le figurine come “piccole immagini da collezionare”.

Questa semplice definizione che fa riferimento al collezionismo sottintende il piacere di avere per sé quelle “piccole immagini”, il desiderio di completare una “raccolta” di qualsivoglia tema e la cura della “conservazione” di qualcosa di molto personale.

Il concetto di figurina modernamente inteso, nasce e si sviluppa nella seconda metà dell’800 avendo origine dall'idea di associare un certo messaggio pubblicitario ad una immagine o vignetta impressa su di un cartoncino.

In verità già oltre due secoli prima per l’ancora fanciullo Luigi XIV, futuro Re Sole, si stampò in Italia, nel 1644 presso la tipografia di Stefano della Bella in Firenze una raccolta di disegni in bianco e nero che raffiguravano le Regine dell’epoca e la bella vita delle corti del tempo, dai balli ai giochi.  

Nel 1866/7 in Francia, i grandi magazzini Au Bon Marchè (“A buon mercato”) nati come altri del settore insieme con l’espandersi della rivoluzione industriale, lanciarono l’idea delle figurine come strumento di marketing (si direbbe con linguaggio corrente). Il titolare del grande magazzino Aristide Boucicaut notò che la presenza di bambini nei suoi locali era particolarmente alta al giovedì, quando le scuole erano chiuse in Francia e i piccoletti accompagnavano le mamme a fare la spesa.

Così fece stampare delle belle vignette realizzate a mano che rappresentavano la natura, con uccelli, pesci, alberi oppure luoghi e città note, con cattedrali, piazze, o ancora giochi e divertimenti ed altro. Regalava una figurina ogni giovedì ad ogni bambino o bambina e, se ne volevano ancora una, dovevano tornare il giovedì successivo. È facile immaginare il successo e cosa dovevano fare le mamme come appuntamento fisso di metà settimana: Aristide arrivò ad incassare circa venti milioni di franchi d’oro all’anno, cifra paragonabile a miliardi di euro dei nostri giorni.

Per altro, si cominciò subito ad attribuire un valore economico a quelle figurine che furono soprannominate le figurine delle sedie perché utilizzate in pagamento del noleggio delle sedie a sdraio che la gente utilizzava per gustare il passaggio delle carrozze nobiliari che facevano bella mostra di sé o semplicemente per riposare lungo i percorsi delle passeggiate. Questo perché le figurine piacevano anche agli adulti che acquistavano e rivendevano le figurine usandole quasi come carta moneta.

Visto il successo, l’idea delle figurine divenne strumento di vendita di tante industrie ed imprese commerciali, divenendo un eccellente modo di farsi pubblicità.  E non solo in Francia.

Tra le fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, le figurine venivano inserite nei più diversi prodotti: in Svizzera nella stecca di cioccolato, in Inghilterra o negli Stati Uniti nel pacchetto delle sigarette o del tè, in Italia nel pacco di spaghetti.

Nel 1872, in Germania Justus Von Liebig, per promuovere il proprio estratto di carne, dà in omaggio le ormai famose figurine, la cui produzione è cessata solo nel 1974, dopo ben 1.871 serie da 6 o 12 pezzi, alcune delle quali attualmente valgono diverse decine di migliaia di euro. 

Nel 1879, negli USA i grandi produttori di sigarette cominciano ad inserire sul retro dei pacchetti, stampati in litografia monocromatica, le prime serie di figurine sulla natura, la guerra, lo sport.

Sulla figurina, accanto al disegno, compariva la pubblicità del prodotto reclamizzato. Il successo della trovata fu enorme e gli incassi delle ditte salirono alle stelle. Le scritte, poste per lo più sul retro delle figurine, offrivano informazioni oltre alla pubblicità.

In genere tutte le figurine riportavano il nome delle ditte e dei loro prodotti, i nomi degli sponsor insomma: il cioccolato migliore, lo zucchero più raffinato, i saponi più portentosi e così via. Alcune facevano anche la pubblicità di piccole industrie, come sartorie, negozi di cappelli o di ombrelli.

Le figurine erano simili alle attuali Cards (Sticker), di dimensioni discrete e puntavano sui colori vivaci, abbellite con una doratura. Avevano un costo veramente ridotto e, per accrescerne il valore e l’appeal le grandi ditte affidavano il disegno delle figurine a bravi disegnatori: più le figurine erano belle e affascinanti, più il prodotto a cui erano allegate vendeva. Esattamente come per gli spot televisivi e i gingle odierni.

Nel 1934. Italia. La EIAR (la RAI del tempo) con la sponsorizzazione della Buitoni-Perugina, promuove la trasmissione radiofonica satirica de “I quattro moschettieri” con un album di 100 figurine. La collaborazione continuò negli anni fino all’esplosione del fenomeno collettivo del “Feroce Saladino”, figurina introvabile della collezione 1937/8. Completando 150 album si poteva vincere una Topolino. Le figurine erano distribuite con il cioccolato della Perugina e con i pacchi di pasta della Buitoni e rappresentavano i personaggi delle opere di Dumas, ma anche altri “eroi” della letteratura del tempo, come Tarzan, Buffalo Bill, Cleopatra eccetera. Si potevano anche vincere biciclette e palloni da calcio. La Buitoni-Perugina consegnò circa 200 Topolino tra l’autunno del 1937 e la primavera del ’38, anche se in realtà c’era il trucco, poiché di figurine del Feroce Saladino ne vennero stampate veramente poche e solo i più fortunati riuscivano a completare l’album. Una curiosità: anche questa iniziativa cadde sotto la mannaia del fascismo che con decreto apposito del 1937 chiuse il concorso in quanto veniva considerato molto negativo l’interesse degli Italiani per le figurine.

Nel 1949, in Italia. Le Edizioni Lampo lanciano la prima raccolta realizzata solo per la vendita in edicola: gli “Animali di tutto il mondo”, ristampata fino al 1969. Sul modello delle figurine Liebig in Italia ebbero molto successo le figurine della Lavazza, che la famosa azienda del caffè produsse con temi vari, dedicati al caffè, ma anche storia, geografia ed infine anche calciatori.

Tuttavia, nel 1952, negli USA la Topps Chewing Gum abbinò ai pacchetti di “gomma americana” le ormai famose collezioni del baseball, facendole diventare veri oggetti di culto. Il successo fu tale che nell’80 fondarono una casa editrice, la Topps Company, tutt’ora attiva, che le produce esclusivamente per la vendita, insieme ad altre raccolte. Ha anche una filiale italiana.

Come mezzo pubblicitario, con l’avvento delle televisioni, le figurine cominciarono a perdere punti.

Nel 1961, in Italia la Panini realizza il primo album dei calciatori.  Fenomeno cresciuto ed imitato a livello mondiale.

Le figurine erano diventato un fenomeno capace di produrre fatturato di per sé, non era necessario abbinarle a prodotti pubblicitari. I ragazzi le acquistavano in bustine vendute nelle edicole. E raccolte di figurine nel tempo compresero tutti gli sport con diffusione di massa, i cartoni animati, giochi e videogiochi, personaggi televisivi e storie vere, geografia, flora, fauna… ed erano anche uno strumento educativo poiché ancora negli anni sessanta, alle nostre latitudini, la televisione non era ancora un patrimonio collettivo e l'album delle figurine era quasi come una piccola enciclopedia: vi si potevano vedere città e paesaggi diversi, conoscere animali e popoli mai visti.

Ma anche oggi le figurine sono un gioco, un passatempo piacevole. I ragazzi si divertono a raccogliere e a scambiarsi tanti piccoli pezzi che andranno man mano a comporre un insieme, l'album.

E l'album diviene un piccolo tesoro.

Con l’avvento della tecnologia digitale e la riduzione dei minimi di stampa è ora possibile avere e conservare le figurine del signor Rossi e del signor Bianchi, giovani calciatori di serie minori e di città o paese, esattamente come si raccolgono le figurine di Higuain, di Cristiano Ronaldo o LeBron James, o realizzare un album con gli alunni di una scuola, i commercianti di un paese o, addirittura un album privato, la storia di un amore, dei figli che crescono…e tanto altro ancora.

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