DIARIO DI UNA TARANTINA: "'NA FRATTURA SCOMPOSTE"
-Si proprie ‘na frattura scomposte! - l’urlo è rotolato dal centro dell’autobus, rimbalzando sulle teste ancora umide di mare e si è schiantato contro le pareti traballanti e rumorose del 27, infrangendosi sulla mia serafica rassegnazione e riportando prepotentemente la mia attenzione sui miei compagni di viaggio.
Ho la schiena di una quindicenne che mi preme sul braccio sinistro, ma sopporto pazientemente, non voglio interrompere il suo idillio romantico. I suoi capelli mossi dal vento mi accarezzano la guancia, sono un pò infastidita di questo contatto non richiesto, ma mi piego ai voleri dell’amore e ossequiosa come una vestale le sorrido, mentre lei riprende a scambiare baci voluttuosi col suo fidanzatino dalle guance piene di lentiggini. Non sono una guardona, non nell’accezione negativa del termine…sono un’osservatrice attenta…acuta direi…non so…osservo tutto e tutti…è più forte di me…non me ne vogliano coloro che avranno la sprovvedutezza di imbattersi in questo mio racconto breve…non sono una persona cattiva…- Si proprie ‘na frattura scomposta – ora le parole hanno raggiunto non solo le mie orecchie, ma anche il mio cervello mezzo addormentato dal sole e dalla fugace beatitudine di un pomeriggio di luglio trascorso a meditare sulla terza spiaggetta di Lido Bruno, quella più piccola, più appartata, più selvaggia, se così si può dire…Mentre cerco di sollevarmi dal sedile per capire cosa succede, e stando attenta a non interrompere l’intermezzo romantico dei due piccioncini adolescenti, ricadono nell’aria consumata da aliti assetati e dalle esalazioni dei tubi di scappamento dei veicoli in transito e della spazzatura ammassata in modo disordinato ai bordi della strada, ricadono, dicevo, dei tonfi sordi, sento volare pugni e calci, mentre mi chiedo come facciano a picchiarsi in uno spazio così angusto e conteso da decine di braccia e di gambe. Ahimè…com’è possibile? Cerco di allungarmi ancora di più col busto, c’è troppa gente per poter capire cosa succede. Guardo fuori dal finestrino e vedo il faro bianco di San Vito…La giornata volge al tramonto, il cielo si accende di rosso stasera e i Tarantini del n.27 si accendono di passione sanguigna…Chi è di Taranto e dintorni, sa che un Tarantino ‘verace’ non lo puoi guardare negli occhi per più di una frazione di secondo, manco per sbaglio, che sennò ti trovi a dover ‘fare i conti all’uscita’! Il Tarantino non lo devi guardare mai, non devi mai guardare neanche la sua donna, sua sorella e tanto meno sua madre, se non vuoi ritrovarti a medicare le ferite al SS. Annunziata. Preso atto di questa elementare norma di comportamento che chi ‘nasce e pasce’ a Taranto conosce perché fa parte del patrimonio genetico del tarantino, valuto velocemente che lo sfortunato di turno, non deve essere un locale…sarà ‘pueppt’?(cioè di Lecce e dintorni???)…non credo proprio…quelli…i Salentini…sono talmente orgogliosi delle loro spiagge e del loro mare ‘Jamaican Style’ che non credo proprio mettano i loro piedini, anche solo per sbaglio, sul n.27. Cos’è stato allora che ha generato tanta violenza? Chi ha osato guardare negli occhi la moderna Medusa tarantina che urla e strepita suoni gutturali e primitivi che solo a fatica riesco a decriptare. Io la sento e basta, mentre elargisce improperi che farebbero arrossire un ergastolano, non la vedo, c’è troppa carne tra me e lei, ma la immagino con gli occhi strabuzzati e le pupille all’infuori, mentre i capelli le si agitano intorno come serpenti, anzi no, come murene dal morso traditore, le stesse che ho sempre paura di incontrare, mentre perlustro attenta le scogliere ricche di ogni ‘ben di Dio’ della nostra amata Taranto. Il parapiglia continua, ma a me non è dato di capirne l’entità e tutti i soggetti realmente coinvolti, ora però, comincio ad aver paura. “I bambini, i bambini! Attenti ai bambini!” urla qualcuno, l’autobus è ormai fermo da 5 minuti, con le porte chiuse, nessuno può scendere e nessuno può salire…che strano modo di risolvere una situazione di crisi, dico a me stessa. Ora però, comincio a preoccuparmi e a rendermi conto che tutto questo fatto increscioso corrisponde a delle precise regole, è come se tutti sappiano quale sia la propria parte, tranne la sottoscritta e il povero malcapitato di colore…ho scoperto da soli 2 minuti, infatti, che il poveretto che le sta prendendo di brutto da 10, è un ambulante africano, di quelli che battono in lungo e in largo le spiagge sotto il solleone per vendere occhiali di plastica e qualche braccialetto colorato. Mi sembra di essere ferma da un pezzo, ora sono tutti impazienti, non interessa più di sapere chi le prende e chi le da, ciò che importa è di riprendere il viaggio il prima possibile e di preparasi alla serata imminente…’la grande bellezza ci attende’…Ormai completamente desta dallo stato di trance in cui sono caduta prendo il telefonino per chiamare la polizia, ma vengo ammonita dal farlo…tanto non verrà nessuno e comunque l’importante è andarcene alle nostre case per farci belli ancora di più…noi che già siamo baciati dal sole…So di essere spesso una ‘voce fuori dal coro’, ma io quella telefonata l’ho fatta, non so se la polizia sia giunta sul posto, perché un minuto dopo l’autobus è ripartito, ma non senza aver espulso come un ‘corpo estraneo’ quell’uomo nero venuto da lontano. ‘U niure’, come tutti continuavano a dire, è stato ‘gentilmente’ fatto volare fuori dall’autobus, dietro di lui è volato il suo sacco gigantesco pieno di cianfrusaglie…L’autobus 27 ha ripreso la sua corsa verso la città, lasciandosi alle spalle il bianco faro, il rosso vermiglio del tramonto, il mare ridotto ad una tavola e la spazzatura ammassata in modo indisponente ai bordi della strada. Medusa e il suo servo devoto hanno continuato ad ululare alla timida luna, gli adolescenti innamorati hanno ripreso a darsi baci mozzafiato, la signora dalla voce ‘grassa’ che mi sedeva accanto, ha continuato a deridermi dicendo che la polizia fosse ancora al bar a prendere un caffè.
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