LA STORIA DI TARANTO / 14a PUNTATA- L'ETA' ANGIOINA - SECONDA PARTE
La seconda parte dell'Età Angioina a Taranto raccontata da Aldo Simonetti
Calato prematuramente nella tomba, Filippo viene avvicendato dal figlio Luigi. Il nuovo reggente del Principato sposa Giovanna I, regina di Napoli ed inguaribile ninfomane. I suoi irrefrenabili appetiti sessuali, infatti, creano non pochi problemi all'intero Regno nonchè direttamente alla popolazione tarantina. Il matrimonio (uno dei tanti contratti in vita) con Luigi avviene in seguito al divorzio da Andrea d'Ungheria, che viene peraltro ucciso in un'imboscata. Indiavolato come non mai, il fratello del sovrano ungherese, Luigi, si cala in Italia con un imponente esercito, piegando le poche resistenze ed arrivando a saccheggiare Napoli. Stessa sorte capita a Taranto ma, almeno sulle prime, la plebe -più impaurita che infedele alla spada angioina- si mostra ben accetta a schierarsi dalla parte degli occupanti ungheresi. Tuttavia, la situazione si risolve in un batter d'occhio a favore dei dominatori francesi. Sarebbe davvero superfluo e noioso elencare i nomi dei vari principi angioini succedutisi in riva allo Ionio. Per esemplificare il tutto, basta enunciare quelli di Raimondo del Balzo e di Maria d'Enghien, sua moglie. Con il primo al potere, la città può godere di un certo prestigio non solo a livello politico - il territorio ad essa sottomesso si amplifica fino a comprendere i tre quarti dell'attuale provincia di Lecce ed oltre la metà di quella barese-, ma anche urbanistico e militare; le fortificazioni vengono perfezionate ed è fatta erigere una torre, buttata giù sul finre dell'Ottocento per la proverbiale ignoranza dei nostri politici. E' la torre di Raimondello Orsini -immortalata poco prima dell'abbattimento da alcuni fotografi- che si staglia nel luogo dove oggi è sita piazza Fontana. Sulla figura di Maria d'Enghien il materiale narrabile è così ampio da poter riempire sufficientemente le pagine di un romanzo rosa. Una donna coraggiosa, avendo ereditato in qualità di vedova lo scettro del Principato, vero e proprio simbolo della nostra cittadinanza. E' lei a difendere Taranto dai numerosi attacchi del re di Napoli, Ladislao, desideroso da tempo di annettere al proprio dominio le nostre terre. Ma la principessa, malgrado la lunga resistenza oppostagli, dinnanzi alla prospettiva di divenire Regina cede alle lusinghe del sovrano napoletano, tradendo così la fiducia dei Tarantini. I due convolano a nozze (è il 1406) con una solenne cerimonia all'interno della Cappella di San Leonardo (poi inglobata nel Castello Aragonese). L'episodio, benchè rappresenti un vergognoso e drammatico evento per i nostri antenati- un autentico atto di cessione dell'intera comunità!-, viene oggi inspiegabilmente rievocata con un corteo che si snoda per le vie del centro storico, con grande ed irrispettosa partecipazione di pubblico. Per gli Angioini, intanto, i giorni sono contati: una nuova potenza, proveniente dalla penisola iberica, è in procinto di issare qui il proprio vessillo in luogo di quello francese.
EREDITA' LINGUISTICHE E CULTURALI: Non è affatto un'eresia sostenere che la dominazione angioina abbia in qualche modo plasmato il nostro dialetto. L'elemento francese, penetrato conseguentemente all'arrivo di principi, cortigiani e soldati d'Oltralpe, è oggigiorno molto evidente. Si può attribuire alla presenza angioina la vocale finale 'e' (muta, ossia priva di pronunzia) nella quasi totalità delle parole (guardacaso,elemento tipico della lingua letteraria francese). Esempi: Stràde, Pèttele, Nuève. Qualcuno storcerà il muso al solo pensiero che altri francesi -parliamo di età normanna e napoleonica- hanno messo piede qui a Taranto. Tuttavia, la sola informazione cronologica relativa alla permanenza degli Angioini (lunga ben due secoli!) basta da sola a giustificare quanto detto. Anche il lessico ha subito un certo influsso: l'introduzione del termine vucciarije ('macelleria'), benchè quasi scomparso dalla nostra lingua, risale proprio a questio periodo. Così come putéje e tanti altri. Per non parlare di aspetti della fonologia che, sovente, collimano con quella gallica. Infine, una curiosità: qualora vogliate avere davanti ai vostri occhi una testimonianza del tempo, recatevi presso Cattedrale di San Cataldo. Lì, di fronte al cappellone barocco e in corrispondenza della statua raffigurante Santa Cecilia, è esposta la lapide sepolcrale di Giacomo del Balzo, uno dei principi angioini di Taranto. Credetemi, ammirarla vale davvero pena.
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