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Addio Stadio Iacovone: tra lacrime, ricordi e speranze per il futuro

di Rossana Sangineto

25.11.2024 08:45

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Oggi, lunedì 25 novembre, inizia la demolizione dello Stadio Erasmo Iacovone, la casa di generazioni di tifosi del Taranto, il teatro di mille emozioni, il luogo che per decenni ha rappresentato molto più di un campo di calcio. La notizia era nota da tempo ma, ora che il momento è arrivato, il sentimento comune è quello di un addio straziante a una parte di sé.  

Nato come Stadio Salinella, ribattezzato poi in onore di Erasmo Iacovone, il giovane calciatore tragicamente scomparso nel 1978, questo impianto non è stato solo uno spazio fisico, ma un luogo dell’anima, capace di raccontare la storia di una città, dei suoi abitanti e di una squadra che, nel bene e nel male, ha rappresentato un'identità collettiva.  

Tra malinconia e progresso

Per molti tifosi, lo Iacovone è stato un rifugio, una seconda casa, dove gioie e dolori si mescolavano al ritmo dei tamburi e dei cori. 
“Avevo cinque anni quando papà mi portò per la prima volta. Mi disse di non lasciargli la mano in mezzo a tutta quella gente. Quel giorno non guardai nemmeno la partita: giocavo con una lattina insieme ad altri bambini, mentre i cori della curva mi rapivano. Era un mondo nuovo, magico”, racconta su facebook un tifoso nostalgico.  
In quegli anni, continua, il calcio era diverso: maglie sbiadite, palloni bianchi con pentagoni neri, radioline all’orecchio per seguire i risultati e schedine del totocalcio che giravano tra le mani di chi sognava un colpo da miliardi. Era il tempo della serie B, delle tribune gremite, del "due, due, due" urlato dopo un gol. E poi c’erano i venditori di "spassatimbe" (semi di zucca secchi), i cuscini rossoblù, le sciarpe e quelle cartate di carta che volavano come coriandoli nelle domeniche migliori.  

La voce di Paola Raisi Iacovone

Tra i racconti di chi ha amato questo stadio, spicca quello di Paola Raisi Iacovone, moglie dell'indimenticabile Erasmo, che in un'intervista dello scorso settembre ha rivelato un desiderio che purtroppo non ha potuto realizzare.

"Avrei voluto calpestare quell'erba almeno una volta, prima della demolizione. Mi sarebbe piaciuto sentire quel campo sotto i piedi, respirare l'aria che ha custodito il ricordo di mio marito per tanti anni. Avrei voluto immaginare Erasmo ancora lì, con quel sorriso negli occhi che lo rendeva unico. Purtroppo non è stato possibile, e questo mi rattrista profondamente", ha confessato Paola con un velo di malinconia.

Le sue parole sottolineano quanto lo stadio non fosse solo un luogo fisico, ma anche uno spazio dell'anima, capace di tenere vivo il ricordo di chi, come Erasmo Iacovone, ha segnato la storia del Taranto e il cuore della sua gente.

Lo sguardo al futuro

Mentre lo Iacovone si avvia verso la sua ultima pagina, la città guarda avanti con speranza. Il nuovo stadio promette modernità e ambizioni ritrovate, un impianto capace di proiettare Taranto verso un futuro all'altezza della sua passione per il calcio.

Ma, se il progresso guarda al domani, il cuore dei tifosi resta ancorato al passato. “Lo Iacovone era la mia seconda casa. Ogni domenica era un rito, ogni gradone un ricordo. Porterò tutto con me, anche nel nuovo stadio, perché l'amore per il Taranto non ha luogo: vive nel cuore."

E così, tra malinconia e aspettative, Taranto dice addio al suo vecchio stadio, consapevole che le ruspe abbatteranno il cemento, ma non i ricordi. Perché il calcio, come l'amore per una squadra, vive nei cuori e nelle storie di chi lo ha vissuto, e quei colori rossoblù continueranno a brillare per sempre, nello Iacovone e oltre.

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