La storia di Taranto

LA STORIA DI TARANTO / 13a PUNTATA- L'ETA' ANGIOINA - PRIMA PARTE

14.08.2013 17:21

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Taranto durante l'Età Angioina? Eccola, narrata nella sua prima parte dal nostro Aldo Simonetti


 

Chi non ha mai ammirato la magnificenza della chiesa di San Domenico Maggiore nel cuore del Borgo Antico? Credo nessuno. Ebbene, proprio un'istantanea della sua facciata gotica, risalente ai primissimi anni del XIV secolo, può fungere da copertina alla presente narrazione di storia nostrana, quella relativa al periodo della dominazione angioina. In altre parole, del primo dominio francese sull'intera Italia meridionale.

Avevamo interrotto la nostra esposizione alla morte di Federico II, incarnazione del potere svevo e dell'antipapa per eccellenza: è lui a condurre una lotta senza quartiere contro l'ingerenza pontificia negli affari politici della penisola. A prendere successivamente in mano le sorti del conflitto sono gli stessi figli dell'Imperatore ereditandone altresì il vecchio nemico, papa Urbano IV. Questi, messo alle strette, decide allora di chiedere aiuto al sovrano di Francia, Luigi IX il Santo, promettendogli in cambio la corona delle Due Sicilie. Il re transalpino rifiuta, ma il dono gentilmente offerto dal pontefice viene di buon grado accettato dal fratello, Carlo d'Angiò. E' qui che inizia la storia degli Angioini nel nostro paese.
Il nuovo reggente, nonostante la ghiotta possibilità di unificare sotto il suo comando l'Italia -forte dell'appoggio della Chiesa nonchè della protezione del potente fratello-, preferisce organizzare spedizioni militari per il Mediterraneo mettendo di fatto in secondo piano l'amministrazione dei suoi territori. Il risultato? Un vero disastro. Il conseguente malcontento si diffonde a macchia d'olio e tocca inevitabilmente Taranto. Qui, benchè assoggettata di buon grado al padrone francese (e ti pareva!), la popolazione sembra d'altro canto insofferente di fronte al malgoverno di Carlo I: l'economia crolla e circa l'amministrazione territoriale e le infrastrutture è d'obbligo stendere un velo pietoso. Ma c'è di più. Il re angioino nutre una profonda simpatia per il clero, come testimoniano i numerosi privilegi economici concessi all'arcivescovado locale.
Con Carlo II lo Zoppo, succeduto al padre, le cose cambiano per il meglio. Il re affida l'amministrazione del Principato di Taranto al figlio Filippo, per merito del quale la città risorge quasi alla stregua dell'Araba fenice. Fortificata e rigenerata finanziariamente grazie anche all'adeguato sfruttamento di un'autentica risorsa imprescindibile come il Mar Piccolo (roba da fare scuola, anche a distanza di secoli, ai nostri politici!), è ora a capo di un territorio notevolmente esteso che comprende parte dell'attuale materano, l'entroterra ostunese e, addirittura, Oria e Nardò. Inoltre, il ruolo che ora Taranto ricopre è di vitale importanza per le sorti del regno, essendo il suo porto crocevia per i commerci con l'Oriente. Non solo. Qui risiede la corte del principe, sfarzosa e men che mai colta. Insomma, per essere dimora di un reggente del calibro di Filippo non è esteticamente un 'bijoux' (gli edifici di pregio possono contarsi con le dita di una sola mano), ma quel che davvero importa è che i fasti magnogreci, per quanto lontani, assurgono in qualche modo a nuovo splendore.

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