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PIERPAOLO CAPOVILLA: IL VERBO INDIPENDENTE E TARANTO NELLA MEMORIA

14.11.2013 20:08

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Una faccia da “cattivo” da “Spaghetti western” di Sergio Leone con una personalità condita d'ironia, carisma e magnetismo. Pierpaolo Capovilla non è solo il cantante e compositore del Teatro degli Orrori (gruppo rock indipendente) ma è un pensatore a tutto tondo. Disquisire con lui non rappresenta un viaggio onirico bensì un percorso su un binario tortuoso e pragmatico nell'ottica di un intellettuale dei nostri tempi.

 

Mi piace pensarti come “un attore teatrale” prestato alla musica. Tu come ti definiresti? “Ti ringrazio per questa considerazione che mi onora ma non sono un attore. Di mestiere faccio la rock star, anzi sono la rock star più squattrinata d'Italia...credimi. Calcare il palcoscenico con una band ti rende in qualche modo attore. Dopo tutto un concerto rock è pur sempre una forma di rappresentazione quindi è teatro. Noi peraltro ci chiamiamo il Teatro degli Orrori che è più una rappresentazione giornalistica ma è riferito all'opera il Teatro della Crudeltà di Antonin Artaud: il più grande momento teorico del teatro del novecento. Dunque tutto questo mi avvicina all'attorialità”

 

Si parla tanto della crisi d'ispirazione della musica in genere. Credi che il panorama indipendente possa rappresentare in qualche modo il presente e il futuro della musica italiana oppure dobbiamo rassegnarci a “X Factor”? “Per me “X Factor” non c'è così come “Amici” e “San Remo”. In vita mia non ho mai visto un “talent show”. Ho visto, però, San Remo. Se devo esprimere un'opinione su queste forme di creazione musicale mi verrebbe spontanea una considerazione che fece a suo tempo De Andrè. Lo cito in pieno, lui non andò mai a San Remo perchè è una gara di ugole e corde vocali che sono pur sempre dei muscoli, quindi è una gara ginnica. La musica e i suoi buoni contenuti non c'entrano nulla. De Andrè aggiungeva: “Io metto in gioco i miei sentimenti e su quelli non c'è gara che tenga” . Del resto “X Factor” e “Amici” non fanno altro che moltiplicare tali forme di competizione agonistica. Questi programmi non producono arte ma costume. Con il costume noi facciamo i consumatori con la cultura i cittadini. In questa vicenda che ci viene proposta dai media...noi siamo avulsi. La musica indipendente italiana esiste ed è l'unica speranza che abbiamo di fronte allo strapotere dei media di manipolare le menti, come si diceva negli anni settanta. La musica d'autore e indipendente diventa quasi una forma di autodifesa della società dal suo stesso costume nel nome della cultura. E' una battaglia persa dall'inizio ma vale comunque la pena combattere perchè ne va della dignità e della bellezza della nostra vita”

 

In un periodo di recessione come quello che stiamo vivendo, qual è il ruolo dell'artista e dell'intellettuale? Ti senti il Don Chisciotte rappresentato nella canzone “Il Vento” interpretata con i Nàdar Solo? “Si, in quella canzone la figura del Don Chisciotte l'ho messa io. “Il Vento” è stato un pezzo composto a quattro mani. Sono partito dal testo di Matteo De Simone (cantante e bassista dei Nàdar Solo ndr) e l'ho trasformato in qualcosa di mio. Di quella figura sono orgoglioso. Si...mi sento un Don Chisciotte!!! Combattere contro i “mulini a vento” che sono le circostanze date di questo momento storico così macroscopiche che nessuno di noi individualmente può fare nulla contro di esse. Vale comunque la pena fare qualcosa. Io sono un utopista socialista, credo in una società più giusta e uguale dove prevalga la cultura, non mi stancherò mai di ripeterlo come un Karma. Sono consapevole che non raggiungerò mai questo obiettivo nella mia esistenza ma il percorso che mi porta verso l'utopia coincide con la mia vita. Per questo vale la pena percorrerla questa strada. Combattere quotidianamente contro il ciarpame culturale che c'è nel Paese. Non mi sento un intellettuale organico come avrebbe detto un marxista degli anni sessanta e settanta. Però penso al mio lavoro di autore e compositore di canzoni in seno alla società e non al di fuori di essa. Non sono qui per pavoneggiarmi anche se mi pavoneggio. La mia priorità è lasciare un bel segno più nella storia della comunità in cui vivo. Un giorno me ne andrò come tutti quanti...anzi crepo anch'io e spero che qualcuno si ricordi di me. Se non accadrà...pazienza. Io metto una grande ironia artistica: da una parte non do molta importanza a quello che faccio, dall'altra sono consapevole che quello che faccio è importante e cruciale nel mio percorso artistico, professionale e culturale. Ci rido sopra ma la cosa è molto seria”

 

In una tua famosa intervista hai citato D'Annunzio affermando: “Io ho quello che do”. Nella società odierna è davvero così? “La massima dannunziana è corretta anche se non l'ho mai amato come poeta. La possiamo pensare per tutti i poeti del mondo. La vita stessa diventa dono come dovrebbe essere l'amore, dal quale non dobbiamo aspettarci niente in cambio. Ecco perchè gelosie, invidie e prevaricazioni quotidiane fra noi non servono a niente, fatta eccezione per la distruzione della bellezza delle nostre esistenze. Questa massima è utile a comprendere il mestiere di un artista che deve dare e non prendere. E' chiaro che come si dice qui a Venezia: “Neanche il cane scodinzola per passione” dunque anche l'artista ha diritto ad avere i suoi denari”

 

Sei stato uno dei protagonisti del concerto di Taranto dello scorso 1 maggio. Cosa ti sei portato nella valigia dei ricordi? “La protagonista è sta la Mannoia, quella donna meravigliosa. Il mio è stato un contributo piccolo ma pur sempre significativo...lo spero. Quel concerto che ha avuto una sua estemporaneità è stata una gran bella esperienza che ha testimoniato la presenza di una società civile che vuole essere ascoltata. Non chiede ma pretende udienza presso la società politica. La situazione ambientale, sanitaria, del lavoro e politica della città di Taranto è drammatica e qualcuno deve agire. La musica indubbiamente può contribuire a un risveglio delle coscienze. Speriamo serva a qualcosa”

 

Nell'occasione hai recitato Pasolini. Il suo pensiero ha ispirato in qualche modo le tue opere? “Pasolini è nostro. Ancora oggi è luce, etica, morale e politica in un paese come il nostro. Io ho girato in Italia, Francia e Svizzera con Pasolini recitando l'opera “La religione del mio tempo”. A Taranto per ragioni di tempo recitai: “La ballata delle madri”, poesia crudele e meravigliosa. Queste opere furono scritte da Pasolini alla fine degli anni cinquanta. Lui si accorse con l'acume del poeta come andava mutando la società italiana in quel momento che chiamiamo tutt'oggi “boom economico”.La società italiana mutava nel segno dell'oblio e della dimenticanza dei valori della resistenza con l'abbraccio fatale al più sfrenato consumismo, all'arrampicamento sociale, al narcisismo edonistico. Quel mutamento della società si è andato approfondendo nei decenni irrompendo oggi nella nostra contemporaneità. Ecco perchè penso che Pasolini sia attualissimo. “La religione del mio tempo” sembra scritta ieri e sembra dedicata a noi. Resuscitando Pasolini attraverso l'interpretazione personale delle sue poesie, anche se lui non l'avrebbe mai fatto, ho anche operato una qualche forma di violenza nell'interpretazione dei suoi poemi. L'ho fatto perchè la voglio mia...questa poesia. Il Poeta è morto...perchè è stato ucciso, anzi assassinato un sacco di volte. Prima fu ucciso il suo corpo poi la sua memoria attraverso uno sputtanamento collettivo sulla stampa e i media che hanno voluto creare il mostro. Invece lui era un angelo. Pasolini è attualissimo e per questo diventa motivo d'ispirazione del mio modo di scrivere le canzoni. Spero di essere all'altezza del compito, anche se so di non esserlo...però ci provo...cazzo!!!”

 

Facciamo un gioco. Ti cito: Eni, gas flaring e Africa. Con queste parole riusciresti a costruire una frase di senso compiuto? “Gesù...si potrebbe scrivere un libro di senso compiuto su questa giustapposizione di parole. Il risultato delle tre parole che hai citato è naturalmente Nigeria e Delta del Niger che è grande più o meno tre volte il Piemonte. Un ecosistema di un fiume è fondamentale in quei paesi dove vivono 30-35 milioni di persone, metà della società italiana, senza istruzione, infrastrutture, sanità, elettricità e il diritto all'incolumità personale. Io vorrei ricordare a Scaroni, amministratore delegato dell'Eni, che il gas flaring, pratica che lei oggi mette in atto nel Delta del Niger, è vietato a livello mondiale dunque anche in Nigeria. Gas flaring significa piogge acide quindi la distruzione sistematica e inevitabile dell'ecosistema in cui vivono queste persone. Mi chiedo come sia possibile obbligare 30 milioni di persone a mangiare pesce già morto quando viene pescato o acqua contaminata da idrocarburi. Mi chiedo come, nel 2013, in un'area così importante dal punto di vista ambientale ed economico, visto che la Nigeria ha un tasso di crescita incredibile, sia possibile che l'aspettativa di vita media sia di 36 anni. Ricordo che nel 1789 nella Francia rivoluzionaria l'aspettativa di vita era uguale. In quel tempo però non c'era la penicillina. Tutto questo degrado umano fa parte della giustizia dell'economia. Perchè a nessuno viene in mente d'istituire un tribunale internazionale per i crimini industriali?! Quello che avviene nel delta del Niger è un crimine industriale. Fino all'altro ieri avevamo al governo un partito razzista e xenofobo che si chiama la Lega Nord. Questa gente è andata predicando e abbaiando: “Aiutiamoli a casa loro”. Ecco come gli aiutiamo a casa loro. Di fronte a tutta questa ipocrisia ci è sembrato doveroso scrivere una canzone (A Sangue Freddo ndr) per spiegare le cose come stanno. L'Africa riguarda in particolare noi italiani perchè c'è l'Eni che ne sfrutta le risorse. L'Africa è il futuro e il presente in quanto tutte le risorse minerarie di cui abbiamo bisogno sono lì. I nostri telefonini, I-Pad, I-Phone e computer provengono dall'Africa. Se li non ci fossero le guerre civili prezzolate dalle nostre multinazionali, l'I-Phone non costerebbe 600 euro ma 5 mila e così dovrebbe essere. Noi stiamo calpestando l'Africa ma questa si risolleverà e sarà parte integrante di un futuro diverso e alternativo al presente che stiamo vivendo. W l'Africa e gli africani”

 

Tre aggettivi per descrivere una persona a te artisticamente vicina: Matteo De Simone. “Giovane, speranzoso e bello...va bene?! Questi tre aggettivi gli estendo a tutta la sua band e anche all'amico che abbiamo in comune: Daniele Celona”

 

Attualmente su cosa stai lavorando? “Al momento sono in sala prove con il Teatro degli Orrori. Ci piacerebbe fare un disco nuovo. Vedremo se la nostra voglia si concretizzerà in qualche bella canzone”

 

Alcuni tuoi fansdicono che hai una “faccia cinematografica”. Hai mai avuto offerte nel settore? “Si, ho fatto una piccola parte nel film di Roan Johnson dal titolo “I Primi Della Lista”. Si tratta di una commedia sugli anni di piombo, credo sia l'unica commedia girata in Italia su questo tema. Insomma commedia non erano, anzi erano un dramma se non una tragedia collettiva. E' un film divertente...mi sono divertito tantissimo. Ho compreso che per fare 5 minuti di riprese ci vogliono tre giorni di lavoro durissimo con cinquanta persone coinvolte. Il cinema è un'arte di una professione estremamente costosa: ci voglioso tanti soldi, competenze e professionalità. Ho capito che il cinena è una cosa che si fa insieme: non c'è un regista, un fotografo, gli attori...e basta. Ci sono tante persone che concorrono insieme per raggiungere un obiettivo comune. Ho capito che l'arte di fare cinema è qualcosa di profondamente educativo per chi lo fa”

 

Ti rivedremo a Taranto? “Certo quanto prima...non vedo l'ora di tornare nella vostra bella Città, della quale mi sento concittadino come mi sento concittadino di tutte le città italiane. Taranto nella sfortuna del suo sviluppo tra virgolette, perchè come diceva Pasolini: “Lo sviluppo non va mai confuso con il progresso”, si è ritrovata in una situazione drammatica. Se avrò la possibilità di tornare a Taranto per testimoniare la mia solidarietà e vicinanza ai tarantini lo farò con il cuore...davvero. Taranto, però, non è solo la disgrazia industriale ma è una società viva. Tra l'altro sono un cultore del buon cibo e da voi si mangia bene e si beve meglio. Sono due delle cose delle quale noi italiani possiamo andare fieri, magari di tante altre cose ci possiamo vergognare”.

 

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