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ALDO MORO a TARANTO

07.11.2017 23:54

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Di ritorno da Roma, dove è stata esposta, con successo, alla prestigiosa Galleria Alberto Sordi, in Piazza Colonna, la mostra “Taranto città a me cara…”, dedicata agli anni adolescenziali di Aldo Moro a Taranto, è visitabile nei locali della facoltà di Giurisprudenza, al convento di San Francesco, in via Duomo.

Programmata dal Comitato per le celebrazioni in Taranto del centenario della nascita di Aldo Moro, è stata ideata e realizzata con passione e competenza dal Comitato scientifico, che ha curato anche il catalogo, costituito dagli operatori culturali dell’Archivio di Stato di Taranto, Lucia D’Ippolito, direttrice, Maria Alfonzetti, Michele Durante, Rosaria Armentani, del Liceo Archita e dal direttore della Biblioteca e dell’Archivio Arcivescovile “ G. Capecelatro “,Vittorio De Marco.

E’ una mostra storico-documentaria, con un ricco corredo iconografico, costruita con la collaborazione archivi pubblici e privati della città, nonché con la partecipazione del Centro Documentazione Archivio Flamigni  di Roma e l’ Istituto Luce di Roma, con i quali per la prima volta si è aperto uno scambio di documenti e d’informazioni.

Articolata in sei sezioni, per accompagnare il visitatore nella lettura, la mostra illustra gli anni adolescenziali di Aldo Moro a Taranto, nel suo percorso di formazione civile e morale, quando attraverso gli studi al Liceo-Ginnasio Archita e la frequentazione dei circoli cattolici, furono gettati i semi della sua personalità, ferma nei principi, ma aperta e duttile al mondo  e alle sue trasformazioni.

Dal 1923 al 1934, scorre la vita di un ragazzo tranquillo in una città che negli anni precedenti aveva vissuto una profonda crisi, con frequenti tumulti, per l’assenza di lavoro e di conseguenza per le condizioni di miseria. Era una città diversa dall’attuale, dove i palazzi erano a due o tre piani per non togliere luce alla strada e attraversata in tutta la sua lunghezza dal tram che partiva dalla Stazione Ferroviaria, attraversava il ponte, e arrivava alle dieci palazzine, le case operaie, e nella quale il ritmo era scandito dalla sirena dell’Arsenale, la mattina alle sette e il pomeriggio alle quattro, al termine della giornata di lavoro.

Ma era anche una città che stava vivendo una profonda ristrutturazione urbanistica : l’affaccio a mare del Borgo con il Lungomare, il palazzo del Governo, massiccio ed imponente, e a seguire l’edificio delle Poste, la Banca d’Italia, la casa del Fascio, le case operaie alla discesa del Vasto, sono edifici costruiti in questi anni in ossequio alla politica dei Lavori Pubblici del Fascismo, al quale la città già dalla sera del 29 ottobre, si era  consegnata, “fiduciosa nei nuovi destini d’Italia “, come riporta il giornale cittadino “la Voce del Popolo” e come in seguito confermerà con le folle festanti alle visite del duce.

Proveniente dalla cittadina di Maglie, dove era nato il piccolo Aldo, la famiglia Moro prende residenza a Taranto. E’ una serena famiglia borghese: papà, regio ispettore scolastico e la mamma  insegnante che nel tempo lascia la professione per dedicarsi alla famiglia, si occupano dell’educazione dei figli. E’una famiglia, nella quale la pratica religiosa  non era forma, ma sostanza; la consuetudine materna d’iniziare la giornata con la partecipazione alla messa, rimarrà tra le pratiche religiose che Aldo Moro manterrà per tutta la vita.

La terza sezione si occupa del curriculum scolastico: le pagelle del ginnasio e del Liceo Archita, in esposizione, rivelano un ragazzo intelligente, assiduo nello studio, interessato a tutte le discipline, significativa la costanza del nove in matematica che diventa dieci alla maturità: quando l’otto era un miraggio per i ragazzi e le loro famiglie, le pagelle di Moro erano tappezzate da otto e nove, la qual cosa lo esonererà dalle tasse scolastiche. Senza dubbio la consuetudine con i classici, la capacità interpretativa dei testi, l’impostazione rigorosa delle discipline scientifiche, hanno contribuito notevolmente alla sua nota qualità di argomentare con logica stringente per convincere l’interlocutore. La disponibilità al discorso storico-filosofico ha lasciato  tracce profonde nel pensiero e nella scrittura  di Moro.

La cifra connotativa della mostra che coniuga uomo e ambiente, è stata la chiave di lettura per far conoscere quella che fu la fascistizzazione della scuola italiana ai tempi di Moro. Con accuratezza e acume gli operatori culturali  hanno esposto verbali, regolamenti, circolari e altro materiale, tratto dall’Archivio del Liceo Archita, per dare chiara l’idea di come il fascismo strumentalizzasse la scuola al fine di formare la futura classe dirigente del regime e del Paese. Estremamente esplicita è la circolare che sollecita i docenti a scegliere libri di testo che riflettessero l‘ ideologia fascista.

 E’ una puntualizzazione importante, perché rivela la capacità del giovane Moro, d’aver maturato la coscienza della libertà e dei diritti civili e sociali in un contesto che li negava.

 

Ma il discorso sulla formazione, non sarebbe completo se non facessimo riferimento alla sua frequentazione, insieme al fratello, del circolo cattolico di San Francesco d’Assisi che aveva il suo punto d’incontro nella Chiesa di San Pasquale.

Con una selezione dei documenti, accurata e puntuale, viene presentata la complessa e poco conosciuta realtà dei circoli cattolici cittadini; era stato Monsignor Mazzella a sollecitare la formazione di questi circoli che avevano la funzione di educare spiritualmente i giovani cattolici. La singolarità del circolo frequentato dai fratelli Moro, era quella che aveva al proprio interno, “i gruppi del Vangelo “, che si riunivano anche in case private e che dedicavano la propria attenzione allo studio del Vangelo: a turno, in ogni incontro, veniva introdotto e commentato un passo del Vangelo al quale faceva seguito una discussione collettiva. La pratica religiosa e la conoscenza diretta del Vangelo, avranno un ruolo determinante nella formazione del giovane che già nel ’30 è eletto segretario del circolo. Ma la soppressione dell’Azione Cattolica, accusata da Mussolini di fare politica contro il regime, segna la fine dei circoli e quindi anche del Circolo di San Francesco d’Assisi, con grande disappunto dei partecipanti, come si legge nel verbale della Prefettura, alla quale furono consegnatati i verbali del circolo

Formazione culturale e formazione spirituale, contribuiscono a costruire una personalità lontana dalla mondanità, concentrata sul sociale, aperta all’inclusione dell’altro in un costruttivo rapporto dialettico.

Gli archivi privati hanno poi consentito di delineare un aspetto intimo del carattere di Moro che si rivela estremamente sensibile ai rapporti d’amicizia. I sentimenti nati sui banchi di scuola, nella cerchia dei circoli del Vangelo o durante il servizio militare, permangono saldi per tutta la vita. Tra i tanti amici, la mostra presenta l’avvocato Bruno Fornaciari compagno di banco, il giornalista Giannino Acquaviva aspirante del circolo San Francesco d’Assisi, l’avvocato Nicola Lazzaro commilitone durante il servizio militare con i quali mantenne intensi rapporti ed anche scambi di idee sulla realtà politica italiana ed europea.

Il percorso si chiude con le visite istituzionali alla città: sono gli anni ‘60, quando la città e il suo territorio sono investiti da profonde trasformazioni: Italsider, la più grande acciaieria d’Europa, la raffineria Schell, il rilancio del porto,  sembrano assicurare la rinascita della città. Grandi Speranze!

Nei discorsi inaugurali, è l’uomo di governo che parla, lo statista, che, in una progettualità di lungo respiro, guarda al Sud non più come area di ritardo ma come area di sviluppo per tutto il Paese, in una visione europeista.

Mi piace concludere facendo riferimento alle visite altrettanto istituzionali, ma di altro carattere che rivelano l’attaccamento alla città : intanto gli incontri con gli amministratori locali non per ricevere gli omaggi , ma per ascoltare i  problemi che la nuova situazione aveva comportato, la visita alle scuole CEMM della Marina, una realtà importante per tutto il Paese, come egli stesso riconosce, il Museo Archeologico, scrigno prezioso del passato della città, ma anche una realtà bisognosa d’interventi, ed infine il Liceo Archita, la scuola del cuore, dove incontra professori, studenti, bidelli che gli si stringono intorno affettuosamente  e dove richiamandosi al proprio vissuto, fa un discorso nel quale afferma: “ Solo chi crede nei giovani, riuscirà ad educarli; solo chi ha il coraggio di chiedere loro cose grandi e buone, l’impegno di tutta la vita, ne conquista gli animi:”

Sono parole che rivelano grande attenzione per il mondo dei giovani e che sollecitano la scuola a farsi veicolo di valori.

Una mostra, dunque, nuova nell’impostazione, che si avvale della collaborazione aperta e solidale di archivi locali e nazionali e notevole per i documenti esposti, insoliti e in gran parte sconosciuti, nonché per il ricco corredo iconografico, proveniente anche dall’Istituto Luce di Roma. Il lavoro di ricerca, rigoroso e puntuale, degli operatori culturali, che ne hanno curato anche il catalogo, ha portato alla luce gli anni giovanili di Aldo Moro a Taranto, una realtà sconosciuta a molti, e ancora poco studiata, un periodo nel quale furono poste le radici del suo ideale di vita etica e politica.

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