LA STORIA DI TARANTO / 5a PUNTATA - NELL'ORBITA DI ROMA (PARTE II)
Quinto appuntamento dedicato a chi ama conoscere la storia della città bimare. Il nostro Aldo Simonetti ci continua a raccontare la guerra che vide protagonisti i nostri antenati contro l'esercito romano
Richiamato dai Tarantini - sempre più isolati ma mai domiti- nel momento in cui prova a ricarica re le sue energie in Sicilia, Pirro corre ancora una volta in loro aiuto. Il condottiero epirota si ritrova nei pressi di Maleventum (successivamente ribattezzata Beneventum) di fronte a due schiere di soldati romani. Questi, non più intimoriti dalla presenza dei terribili elefanti e meglio preparati, conducono l'avversario ad una pesante disfatta. Siamo nel 275 a.C.
Taranto non ha più motivo di continuare una guerra che si sarebbe incanalata comunque sui binari della sconfitta; d'altronde, le risorse a disposizione scarseggiano, così come gli uomini e le idee. Tanto vale farla finita e piegarsi alla potenza di Roma. La resa giunge così senza che venga opposta alcun' altra resistenza. Con l'occupazione della nostra città i Romani mettono a segno un vero e proprio colpo: 'in primis' per aver sottomesso il più importante centro politico e culturale della Magna Grecia, portandone via ricchezze e beni di vario genere; in secondo luogo, per essersi impadroniti della nostra potente flotta.
Benchè confederata, Taranto continua a conservare la propria autonomia, seppure con qualche limite. Nel corso della Prima guerra punica la città - a cui Cartagine, peraltro, strizza da tempo l'occhio- mantiene un atteggiamento neutrale. Differente da quello assunto nel conflitto successivo, allorchè, a causa dei continui maltrattamenti perpetrati dai conquistatori latini, i nostri antenati passano dalla parte cartaginese.
Ed è così che ad Annibale, già accampatosi in una zona corrispondente all'attuale -ma anche inattuale- Cantiere Tosi, vengono spalancate le porte della città. In una sola notte, risparmiando i soli Tarantini purosangue, il condottiero fa strage di Romani e di filo-romani, costringendo il pretore Marco Livio a darsela a gambe con la sua famiglia e a nascondersi.
Tuttavia, il fato torna ad essere benevolo con i nostri nemici. Postosi alla guida di un agguerrito esercito, il generale Quinto Fabio Massimo - approfittando dell'assenza e degli innumerevoli problemi di Annibale- nel 209 a.C. riconquista la città dopo uno strenuo assedio, saccheggiandola e ammazzando chiunque gli capiti a tiro. Taranto viene altresì privata delle sue migliori ricchezze, come la colossale statua di Ercole attribuita al celebre Lisippo. Pare che proprio grazie al bottino qui da noi incamerato i Romani abbiano coniato le prime monete d'oro.
Sotto la giurisdizione romana Taranto è relegata al ruolo di piccolo centro di provincia, in parte povero, in parte ricco per via di un rigoglioso turismo 'ante-litteram'. Tante famiglie aristocratiche vi giungono per trascorrere le vacanze, spinte dal clima e dalle attrattive paesaggistiche, o, in altri casi, per risiedervi. Un forte impulso viene perciò dato all'edilizia, con la costruzione di lussuose ville nei pressi della nostra litoranea (e non mancano testimonianze tangibili in questo senso!). Meta preferita di alcuni 'vips' in tunica (Cicerone,Orazio e forse Seneca che ne decantano le bellezze), la città è ormai lontana anni luce dai fasti cui Archita la condusse a suo tempo.
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