Alla scoperta del mondo di Tchaikovsky
a cura di Maria D'Urso
La serata dedicata al musicista russo è stata uno degli appuntamenti più attesi del cartellone della venticinquesima stagione dell’orchestra della Magna Grecia, andato in scena il 2 febbraio, al Teatro Orfeo.
Un tuffo nel passato, nella vita tormentata di un genio.
Un uomo che con il talento delle note è riuscito a dar sfogo alla sua travagliata esistenza, costellata da grandi perdite e forti disagi, che lo hanno segnato negativamente.
Dopo la presentazione di Pietro Romano, direttore artistico dell’Orchestra della Magna Grecia, è arrivato sul palco Luigi Piovano, l’atteso direttore di bacchetta che prima di introdurre la Sesta Sinfonia, ha spiegato l’esecuzione di un piccolo brano inedito “B- 612”.
La composizione, accompagna musicalmente i sonetti scritti dal compositore Federico Biscione, ispirati al romanzo francese “Il Piccolo Principe”, di Antoine de Saint- Exupery.
E’ il volo solitario di un pilota che è costretto ad atterrare nel deserto e che incontra un bambino che gli chiede di disegnare una pecora : iniziano con un simpatico dialogo.
L’atmosfera inizia a caricarsi di tensione, come se stesse per succedere qualcosa.
Gli strumenti si animano, tra violini e trombe, e solo quando il pilota riparte, tutto si acquieta.
E’ il silenzio che introdurrà la sesta sinfonia.
Chiamata “Patetica”, per via del suo significato e per la naturalezza con cui il compositore ha lasciato trasparire tutto il suo dolore.
La Sinfonia, in Si minore, inizia con i contrabbassi che esprimono nell’immaginario collettivo un senso di solitudine, come se qualcuno si trovasse in mezzo ad una steppa, riportando a galla il decadimento di un uomo abbandonato.
E’ la paura, lo smarrimento che si nasconde nei pizzichi dei contrabbassi, sino ad arrivare ad una melodia più allegra, che introduce il tema dell’amore: le palpitazioni del cuore vengono suonate dal coro.
Solo con gli accenti e i sobbalzi, successivamente, si raggiungerà un senso di pace, con una melodia più armoniosa.
Poi arriva la lotta fra i violini e violoncelli, suscitando stupore e meraviglia, come se volesse simboleggiare il continuo sussurrare della gente e il chiacchiericcio.
All’amore spensierato, poi si contrappone il tema della rabbia sino a sfociare nella tragedia.
La musica, si carica di pathos ed esprime i sentimenti repressi, confusi e frastagliati, racchiusi nell’animo dell’autore.
Amore come rassegnazione o rasserenamento?
Dalla musica, dalla pace trasmessa dalla sezione degli ottoni, sembra i tratti di rasserenamento.
La risposta dei legni, invece, che sembra quasi angelica, lascia avvertire un senso di leggerezza emesso dai corni.
E’ il momento del valzer.
L’autore, quasi burlandosi delle usanze imperiali, lo intona opponendosi alla frivolezza tipica del tempo:
la melodia è più malinconica e leggera e cancella ogni impeto di devastazione.
Nel terzo movimento, invece, entra l’artiglieria di corte: piatto e gran cassa, finora non utilizzati, si animano, entrando quasi in punta di piedi in una festa finale di suoni ed emozioni.
Il quarto ed ultimo movimento, è quello dell’introspezione, che racconta la disperazione viva ed intensa dell’autore: sono le melodie delle speranze, ormai perse, che rispecchiano una tormentata e profonda angoscia interiore.
Sono i legni a consolare l’atmosfera, che in Si minore, danno sfogo ad un tormento che non ha scampo.
Il testamento, è l’emozione conclusiva: il Do palpitante, presagio di morte, risuona tra i corni.
La sinfonia dei tromboni, annunciano il colpo di grazia: la morte.
Si prepara il corale della marcia funebre, in Mi minore, con gli ultimi pizzichi dei contrabbassi.
Commenti