Ilva Football Club: il calcio come strumento di rivalsa tra passato, presente e futuro
Fulvio Colucci: "Il quartiere Tamburi ha provato a resistere alla sottomissione dell'acciaio"
a cura di Maria Grassi
Nell’atmosfera della parrocchia “Gesù Divin Lavoratore” nel quartiere Tamburi, è stato presentato il libro scritto a quattro mani dai giornalisti tarantini della Gazzetta del Mezzogiorno Lorenzo D’Alò e Fulvio Colucci intitolato “Ilva Football Club” la cui storia parte proprio dal territorio di questo quartiere per narrare o per meglio dire “fare memoria” sul passato che ha visto sempre una certa discordanza tra il calcio come sport e la presenza “soffocante” dell’Italsider, oggi ILVA, e che tutt’ora pone i bastoni tra le ruote ad una disciplina sportiva che unisce la comunità. Nel corso della presentazione, i due scrittori hanno anche dialogato con il nuovo mister del Taranto e già vecchio conoscente della città, Aldo Papagni, che come ospite speciale ha voluto esprimere il suo pensiero sia sul romanzo sia sulla situazione in cui riversa la conca ionica.
Una serata dedicata al racconto di una cittadinanza, con lo sguardo però focalizzato sulla genesi del testo dinanzi alla presenza di un pubblico interessato a conoscere ed approfondire la storia calcistica del quartiere-simbolo grazie anche agli interventi di alcuni protagonisti che quell’erbetta verde del “Tamburi Vecchio” l’hanno calpestata davvero. L’opera oltre a rievocare le vicende della squadra Labor e dei suoi undici campioni contiene, come tende a precisare D’Alò, una parte abbastanza autobiografica poiché il personaggio del cronista sportivo rifletterebbe l’immagine stessa dello scrittore.
“Ilva Football Club” è anche un intreccio di generi: innanzitutto è un’inchiesta giornalistica costruita sulle testimonianze raccolte di coloro che anni addietro hanno giocato e hanno sognato su quei campetti di calcio circondati dai fumi del siderurgico, è un’autobiografia delle esperienze di vita del giornalista Lorenzo D’Alò ed è anche un racconto per legare il tutto, renderlo piacevole e non limitarlo solo a date e fatti. “Tra le pagine che scorrono si racconta più di una generazione attraverso persone che non ci sono più e che hanno pagato un prezzo alto. – dichiara Fulvio Colucci – Non è stato semplice lavorare su questo testo soprattutto perché c’era il pensiero che non sarebbe stato compreso nel profondo. Il nostro è stato un percorso molto accidentato, non per la difficoltà di pensare e scrivere una storia piuttosto per il semplice motivo che l’opera non riguarda solo noi ma la vita di tante persone. Il calcio ai Tamburi univa e faceva da contraltare ad una città che si stava dividendo, perciò abbiamo utilizzato queste pagine per comunicare che questo quartiere ha provato a resistere alla sottomissione dell’acciaio ma soprattutto di non assoggettare la propria anima”.
Il futuro, secondo i due giornalisti tarantini, deve partire proprio da questo luogo dove tutto ha avuto inizio e l’auspicio è che il calcio possa fare da sprono per promuovere uno sport che un tempo allietava un quartiere oggi impaurito da quel mostro grigio.
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