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Una tarantina a Milano: la "resistenza attiva" alla pandemia di Stefania Cito

La performing arts executive producer, manager and curator, che rappresenta l'associazione Artava in Lombardia: "Coltivare i sogni senza trascurare o mistificare la realtà, accettando cambiamenti e trasformazioni, è importante"

16.05.2020 10:52

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Mi chiamo Stefania Cito, tarantina di nascita, cittadina del mondo, un po’ per necessità, un po’ per scelta, un po’ trascinata dagli eventi. Nei miei occhi si vede l’amore per il mare, per la mia terra, per i colori, i sapori e i profumi che ti si appiccicano sul cuore e ti fanno compagnia ovunque perché il cielo, in fin dei conti, è lo stesso. E l’amore per il nostro cibo si vede pure nel fisico, mediterraneo, non propriamente longilineo.

Parlo 4 lingue eppure il dialetto tarantino è quello che preferisco e che dovrei allenare di più. A Taranto ho ancora affetti, ricordi, luoghi dell’anima, l’amica d’infanzia che è una sorella, un padre che ha la sua nuova famiglia e un nonno adorato. Penso a loro ogni giorno, soprattutto dalla mia quarantena milanese nei 30 mq in cui vivo da sola. E penso anche al resto della famiglia, a Piacenza, che pure non vedo da mesi.

Il decreto non lo permette.

Ho vissuto e lavorato come production manager in tutta Italia e all’estero, sempre con l’auspicio di coniugare il teatro, e in generale l’arte performativa, a tematiche sociali, prevalentemente legate alla parità di genere e al rispetto dei diritti umani. Dopo una laurea in Relazioni internazionali a Pavia nel 2005 (con un Erasmus di 6 mesi in Finlandia), mi sono specializzata a Milano nel 2007 in Lingue e Comunicazione per le imprese (con uno stage intensivo a New York presso l’HQ dell’ONU). Questo per dire che in una parte della mia vita ho pensato di intraprendere la carriera diplomatica ma ho poi scelto la strada del teatro e di sposare progetti artistici e formativi al tempo stesso, capaci di rivolgersi ad un pubblico eterogeneo.

Mi sono subito inserita nel settore organizzativo a tutto tondo ma ripensavo alla questione di genere e allora, parallelamente al lavoro, e alla classe di canto jazz che seguivo con gioia al conservatorio, ho concluso un Master in Women studies e strategie di integrazione a Pavia (2009/10), in stretta sinergia con la Caritas (dove ho svolto il mio anno di servizio civile), vincendo il premio di miglior tesi. Ho poi proseguito con un mini master a Firenze in Organizzazione eventi dello spettacolo e, al rientro dalla Bulgaria, dove ho lavorato come responsabile della produzione esecutiva di progetti speciali dal 2013 al 2015, ho seguito nei primi mesi del 2016 un master intensivo in Politica economica internazionale all’università lateranense di Roma.

Vivo a Milano. Da giugno 2016 sono anche dipendente part-time a tempo indeterminato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, storico e prestigioso istituto di formazione artistica, dove mi occupo della segreteria organizzativa della didattica extracurriculare, summer school e open class.

Da freelance offro consulenze, creo contatti, aiuto imprese ed artisti a dialogare tra loro in vista di un obiettivo.

Condividere, ascoltare, fare rete, attivare strategie comuni rappresenta il modo in cui lavoro, la Cura.

Come organizzatrice guardo al momento con perplessità alle sorti del settore cultura e spettacolo dal vivo. In pochi giorni ho visto bruciare il risultato della pianificazione di eventi e repliche, con perdita di denaro ma soprattutto di fiducia verso un sistema fatto di vecchi schemi non più in grado di sostenere la complessità del mondo e di fronteggiare ciò che a grande velocità corre in una società ormai globalizzata. Ora lavoro in smartworking, con tempi e spazi che favoriscono la riflessione. La quarantena mi ha permesso di focalizzarmi su alcuni termini chiave: co-progettare, ripensare ai canali distributivi. Continuo ad occuparmi di pubbliche relazioni, mi confronto con attori, colleghi e giornalisti, penso in modo creativo, sperando che la crisi porti ad un cambiamento positivo nel modo di vivere e relazionarci. Dopo la pandemia credo potrà rialzarsi più velocemente chi sarà stato lungimirante e avrà diversificato la propria offerta in termini sia artistici sia comunicativi. Sono un’entusiasta in generale, con un’attenzione al bicchiere mezzo pieno. Il lockdown totale all’inizio mi ha spiazzata, ha avuto un impatto molto forte sulla mia vita sociale intensa e frenetica. Ho rallentato, ho capito che andava bene anche così e che, nonostante la preoccupazione, avrei dovuto trasformare una difficoltà in opportunità.

Anche a distanza ho la responsabilità di definire obiettivi e priorità per me stessa e per i miei committenti; obiettivi che rispondano a criteri pragmatici ed innovativi. Il mio deve continuare ad essere un lavoro quotidiano di resilienza, fatto di stimoli, attenzione, motivazione, cura, confronto, leggerezza, soddisfazione. Per me e per gli altri.

Il progetto a cui al momento sono più legata e che per ragioni umane oltre che professionali ho deciso di sposare si chiama MAMMA A CARICO – Mia figlia ha novant’anni, trilogia artica e sociale multidisciplinare, che negli ultimi anni ha portato in giro per il nord Italia quella che può essere definita una buona pratica di trasmissione di contenuti di vita reale attraverso cinema/letteratura/teatro.

Nasce dallo scoprire la propria resilienza di fronte ad un evento temuto ma sempre inaspettato, il decadimento fisico e cognitivo di una persona cara e le sue fragilità, di cui occorre prendersi cura. Situazione che coinvolge milioni di figli caregivers. Autrice e protagonista dell’intero processo e progetto è l’attrice milanese Gianna Coletti (qui con me in foto, sul palco, con i fiori, alla fine di una replica in teatro).

 

Proprio la quarantena e il successivo annullamento delle repliche dello spettacolo teatrale ha fatto emergere la necessità di “fare qualcosa”. Con Gianna si è quindi puntato a creare un luogo d’incontro virtuale trasformando la sua pagina Facebook nel servizio di utilità sociale che mancava per completare la trilogia, attraverso l'hashtag #mammaacarico_ilbuonodellacura. Questo supporto gratuito online è rivolto a tutti i caregivers che abbiano voglia di descrivere, anche con toni leggeri, la propria esperienza di "cura dell'altro", tema molto caro a Gianna che per anni ha assistito la mamma ultranovantenne, cieca, in decadimento cognitivo ([email protected] è la mail a cui inviare il racconto). L’iniziativa nata dall’associazione Spericolata QUINTA, diretta da Gianna e coordinata da me, ha avuto un’ottima accoglienza mediatica e sta raccogliendo numerose testimonianze che, sempre sulla pagina Facebook del progetto, ricevono poi risposta scritta o in video da esperti del settore con cui abbiamo già attivato la collaborazione in rete.

Mi sto attivamente adoperando affinché almeno lo spettacolo teatrale arrivi a Taranto in uno dei nostri teatri.

Da qualche tempo rappresento anche Artava Lombardia, costola di Associazione Artava con sede a Taranto, su delega del presidente nazionale Armando Blasi, con cui lavoro in sinergia per programmare eventi culturali ed azioni comuni con l’obiettivo di unire le peculiarità, le ricchezze artistiche e la resilienza di Puglia e Lombardia. 

 

Abbiamo già organizzato una rassegna di teatro contemporaneo a Cinisello Balsamo (MI) e ci apprestavamo, prima del Coronavirus, ad ultimare la progettazione di un concorso internazionale di canto lirico, a Milano, in collaborazione con Gli Amici del Loggione del Teatro alla Scala.

Coltivare i sogni senza trascurare o mistificare la realtà, che a volte non ci piace, accettando cambiamenti e trasformazioni, è importante. Scelgo di condividere la mia testimonianza, che immagino comune a quella di altri giovani della mia generazione, lontani dalla propria terra, perché raccontare e raccontarsi, mettendo noi stessi in scena anche se non abbiamo niente di eclatante da dire, credo sia utile. Abbiamo il dovere di mostrarci, con orgoglio, ammettendo le nostre fragilità e ammaccature, ma con la possibilità di continuare a crescere, di studiare, di reinventarci, di attingere dallo scrigno della memoria per prendere il buono e trasformarlo in meglio, ogni giorno.

Lo affermo da professionista, da donna libera, da cittadina orgogliosa e consapevole.

 

 

 

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