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Quando il disastro del Taranto annienta le parole: il silenzio di chi dovrebbe raccontare

di Rossana Sangineto

28.01.2025 12:56


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Ieri, per la prima volta, non ho scritto un pezzo sulla partita del Taranto. Dopo quella sconfitta, l'ennesima, pesantissima, contro l’Altamura, un 5-1 che brucia come sale su una ferita aperta e segna la decima disfatta consecutiva, non ho trovato le parole. E non perché mancassero gli spunti o gli elementi da analizzare. Al contrario, ce n’erano fin troppi, ma ogni parola sembrava incapace di restituire il senso di una vicenda che ogni giorno si fa più grottesca e sconfortante.

Come si racconta un momento così? Come si mette nero su bianco una storia che non racconta solo una squadra di calcio ma un’intera comunità, fatta di tifo e passione, che si specchia in quei colori, in quello stemma e che, oggi, vede tutto sgretolarsi? Scrivere in queste condizioni non è più semplice cronaca, ma una lotta interiore. Ogni frase sembra troppo fredda o troppo accesa, troppo indulgente o troppo dura. E, alla fine, resta solo il silenzio.  

Qualche giorno fa, Paola Raisi Iacovone mi aveva fatto custode di un messaggio di speranza: un invito a non mollare, a ritrovare l’unità anche nei momenti più bui. È un appello che condivido, perché so che quella speranza è tutto ciò che ci resta. Ma applicarla oggi è terribilmente difficile. Quando le sconfitte diventano un’abitudine, quando le scuse, le giustificazioni e le bugie si ripetono senza mai lasciare spazio a soluzioni vere, diventa arduo credere che ci sia un modo per uscire da questo incubo.

Questa vicenda ha ormai superato i confini del calcio. È un'icona di frustrazione e impotenza, di promesse tradite e di un’identità che si sta perdendo. Vedere il Taranto ridotto così fa male, e raccontarlo, cercando di non cadere nella rassegnazione, è uno sforzo immenso.

Non ho scritto ieri, ma non perché voglio arrendermi. Forse perché, per raccontare, a volte è necessario fermarsi e ascoltare il silenzio. Un silenzio che, forse, se condiviso, potrebbe diventare un momento di riflessione collettiva. 

Perché il Taranto non può e non deve finire così. 

Ma per rinascere serve più di un racconto: servono risposte, gesti concreti e un impegno reale da parte di chi ha il dovere di rimediare a questo disastro.

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