STORIA DEL DIALETTO TARANTINO / LE INFILTRAZIONI GERMANICHE
di Aldo Simonetti
La crisi politica dell'impero e il suo successivo crollo ne determinano un'epocale frantumazione linguistica.
Le comunicazioni fra le diverse aree, difatti, divengono difficoltose, rendendole in questo modo isolate. Le numerose varianti di volgare prendono, pertanto, a svilupparsi autonomamente (perchè ogni lingua tende naturalmente a modificarsi) nonché a distinguersi le une dalle altre in misura maggiore che in passato. E questo fenomeno interessa inevitabilmente l'area di Taranto.
Gli influssi apportati dal Nord, provenienti attraverso le ondate barbariche, fanno il resto. Centinaia di termini nuovi vanno ad arricchire il lessico volgare, nulla più. Nonostante l'importanza attribuita al superstrato germanico (intendendo con questo il prodotto risultante dal contatto tra una lingua egemone, sovrappostasi solo provvisoriamente a quella preesistente), nessuna struttura linguistica di matrice barbara viene qui recepita o, quantomeno, riesce ad attecchirvi. Questo, con ogni probabilità, a cagione della modesta quantità di invasori, che può aggirarsi a qualche decina di migliaia.
A questo proposito, relativamente al nostro dialetto, è doveroso fare un distinguo tra eredità linguistiche gotiche e quelle longobarde, benchè le prime si riducano ad una manciata di lessemi.
E' indiscutibile che il goto Totila, assieme ai suoi famelici soldati, avesse 'illo tempore' posto le proprie insegne a Taranto e che vi avrebbe soggiornato per un biennio. E del quale i nostri antenati avrebbero accolto le seguenti parole, ovviamente modificatesi nel tempo:
'arrangàre' ('fare con forza')
'uardie' ('guardia')
'bànne' ('banda')
Più complesso è il problema relativo ai Longobardi ed ai loro lasciti. Che la loro permanenza a queste latitudini sia stata più significativa e durevole di quella gotica, è fuori dubbio. La 'vexata quaestio' di linguisti ed appassionati di dialettologia concerne, tuttavia, il determinante ruolo giocato da questo popolo germanico nell'ambito della differenziazione dialettale in Puglia: per dirla in breve, stando all' utopistica tesi del Parlangeli (studioso leccese operante in pieno Novecento), l'attuale distinzione tra pugliese e salentino è dovuta al dualismo longobardo-bizantino nella nostra regione. In verità, detta separazione linguistica (sconfessando così il linguista salentino) andrebbe ricondotta alla contrapposizione venutasi a creare in età imperiale, tra un'area dove il latino si è mescolato intensamente con le lingue precedenti (come quelle di Taranto, Bari e della Daunia) ed un'altra dove questa mescolanza è risultata scarsa (Salento ed aree messapiche). Svariati i longobardismi penetrati nella nostra lingua e molti dei quali tutt'oggi ben intatti:
'sciangàre' ('far diventare storpio', da un etimo 'anka')
'ngruffulàre' ('russare', di etimo incerto)
'ùffe' (da 'huf' ,'osso del femore', termine caduto in disuso)
'sparagnàre' (da 'sparanjan', 'risparmiare')
'strùnze' (probabilmente attraverso l'italiano, da 'strunz', 'stronzo').
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