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DIARIO DI UNA TARANTINA - "ACCUSSI' 'A STATE L'ORDINE''

01.04.2014 18:43

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“Accussì 'a state l’ordine”…non è una semplice locuzione verbale, non è una estemporanea digressione sulla ‘purità’ della lingua italiana…non è uno scioglilingua facile facile, tra i complicatissimi e quasi impronunciabili dei Tarantini ‘aficionados’ funamboli del vernacolo locale…‘Accussì a state l’ordine’non è niente di tutto questo…è semplicemente l’apoteosi paradigmatica, o se vogliamo, il compendio filosofico - esistenziale di tutta una città adagiata mollemente su due Mari, la quale, si offre instancabile allo scirocco che ora l’accarezza e ora la vessa per gran parte dell’anno. “Accussì a state l’ordine”, tradotto in italiano vuol dire che così è…Pirandello aggiungerebbe se vi pare… E mentre i venti continuano a cantarle nenie e i pescatori cercano nuovi spazi incontaminati per la produzione della cozza nera più famosa al mondo, Tarde Nuestre ci racconta la sua verità immutata da quasi tre millenni. Ci insegna come fare a restare belli e vitali nonostante tutte le impurità e l’immondizia da cui siamo assediati. Proprio come le cozze, passatemi senza offesa per nessuno, la metafora, ci attacchiamo allo scoglio, ci nutriamo del buono e del cattivo e come loro ci spurghiamo da ciò che altrimenti ci ucciderebbe… “Accussì a state l’ordine” è parte di quel compendio di massime che il Tarantino deve tenere sempre presente: così è, e sarà…ma nonostante tutto, siamo vivi e per dirla alla Vasco…Siamo ancora qua… Siamo sempre qua, dal mitico giorno in cui (correva l’anno 706 a.c….) a seconda di chi sia la voce narrante, pioveva o c’era il sole, sul tratto di costa chiuso a scrigno intorno al Mar Piccolo e su quello più insolente e guardingo con le sue torri di avvistamento, sul versante orientale, per intenderci, quello di Mar Grande. Permettetemi la ‘reiteratio’, ma il modo di dire, tutto tarantino, “Accussì à state l’ordine”, vorrei che al di là del senso immediato che appare, di implicita rassegnazione, fosse letto in modo più spinto, interpretando l’atavica e laconica rassegnazione dell’homo tarentinus, come la paziente attesa che qualcosa di meglio ci toccherà in sorte, perché se è vero che la pazienza è la virtù dei forti, noi Tarantini abbiamo già vinto…  


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