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Paola Raisi Iacovone: Confessioni di una donna. Un amore che vive oltre il tempo

di Rossana Sangineto

21.09.2024 18:38

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Non è stata un’intervista, ma un torrente in piena. Un flusso ininterrotto di emozioni e ricordi che hanno invaso l'etere, riempiendolo di una vita intera. Paola Raisi Iacovone, al telefono con me, è una donna che porta sulle spalle il peso della sua storia senza piegarsi. Avrei dovuto farle delle domande, che avevo, inoltre, preparato con estrema cura e dedizione, per tracciare un filo attraverso la narrazione, ma non c’è stato bisogno. 
Le parole di Paola scorrevano da sole, come se aspettassero da anni di trovare il loro sbocco.

È difficile, se non impossibile, non farsi travolgere dall’intensità di quello che racconta. Esattamente quarantasei anni e sette mesi fa, Paola ha perso l’amore della sua vita, Erasmo Iacovone, in un drammatico incidente stradale. Lui, giovane e pieno di talento, era il simbolo di una città intera, Taranto, che sognava di salire in Serie A grazie ai suoi gol. Lei, incinta di Maria Rosaria, come sua nonna - per tutti Rosy -, viveva uno dei momenti più felici della sua vita, con il cuore pieno di aspettative per un futuro che non è mai arrivato.

Paola Raisi nella sua ultima visita allo "Iacovone" - foto Franco CapriglioneMa Paola non si è fermata. Non ha mai smesso di andare avanti, anche se le ferite di quell’evento non si sono mai del tutto rimarginate. Nelle sue parole, non c’è mai spazio per l’autocommiserazione, ma neanche per l’oblio. Ogni ricordo di Erasmo è vivido, presente, come se lui fosse ancora lì, accanto a lei, in ogni passo della sua vita. "È come una spada di Damocle," dice con la voce tremante, "che ha condizionato tutto il mio percorso. Ma quell’amore non mi ha mai abbandonata. Mi ha dato la forza di fare tutto quello che ho fatto e mia ha reso quella che sono oggi."

E poi, con un tono risoluto ma pieno di amore, Paola mi ha fatto una richiesta semplice ma intensa, che basterebbe da sola a spiegare chi è Paola e cosa ha significato per lei Erasmo: “Non chiamarmi mai vedova. Non sono vedova di nessuno, io sono la moglie di Erasmo Iacovone e per me lui è ancora qui.” 

Una frase che lascia trasparire una forza incrollabile, ma anche una fedeltà assoluta a quell’amore che non ha mai smesso di esistere.

Quando parliamo di Erasmo uomo, non del calciatore, perché su quello non c'è niente che non sia già stato detto, Paola mi dice una cosa semplice ma potente: "In Erasmo la persona e il personaggio coincidevano. Nella vita pubblica era esattamente lo stesso uomo che conoscevano la sua famiglia e i suoi amici" E poi, con una dolcezza infinita, lo descrive come "quello a cui sorridevano gli occhi prima della bocca."

Paola ha costruito una vita solida, forte. Ha cresciuto tre figli: Rosy, nata due mesi dopo la morte di Erasmo, Alessandro e Margherita, nati da una relazione successiva, anch’essa terminata. Oggi, è anche nonna di quattro nipoti, tutte femmine. E proprio parlando di loro, con un sorriso divertito, scherziamo sul fatto che il suo unico figlio maschio viva a Berlino, quasi come se fosse "scappato" per non soccombere in una famiglia dove le donne dominano numericamente, come in un vero gineceo.

Eppure, dentro la donna tenace e risoluta, c’è ancora la giovane di ventiquattro anni che si innamorava del mare di Taranto e di un dialetto che non era il suo, ma che la faceva sentire, e lo fa tutt'ora, parte di qualcosa di molto più grande. 
Nella sua anima, c'è una stanza in cui Paola abita ancora in viale Virgilio 64, affacciata sul mare, dove il sogno di una vita perfetta si spezzava senza preavviso. Quando parla di quella parte della sua vita, la definisce "felicità". E, ancora oggi, è lì che va a rifugiarsi per sentirsi bene, "felice" come dice lei.

E, nonostante siano passati 46 anni, il legame con quella città, con quella squadra, con quella famiglia non si è mai allentato. Paola è ancora la prima tifosa del Taranto Calcio, la squadra che Erasmo avrebbe certamente saputo portare in Serie A. Ha mantenuto un rapporto fortissimo con la famiglia di origine di Erasmo, consentendo a Rosy di non perdere mai il legame con la famiglia paterna e la sua migliore amica, che definisce "sorella", Rossana, è la moglie di Giorgio Fanti, un ex compagno di squadra e amico del cuore di Erasmo. Il filo invisibile che li unisce tutti non si è mai spezzato e mantiene insieme ciascun pezzo della vita che Erasmo ha continuato a vivere attraverso ognuno di loro, pur abitando un'altra dimensione.

Ricordando la partita del playoff Vicenza-Taranto, scopro che entrambe eravamo presenti sugli spalti, pur senza conoscerci allora. Quel ricordo diventa lo spunto per parlare di qualcosa in cui entrambe crediamo profondamente: il patrimonio immenso e il valore inestimabile che rappresentano i tifosi del Taranto. Una tifoseria che ha continuato ad amare Erasmo anche attraverso Paola, facendosi terza famiglia attorno a lei e a Rosy, proteggendole e supportandole. 
Paola ne parla con riconoscenza e ammirazione: “Questa tifoseria meriterebbe qualcuno che guidi la squadra con lo stesso amore che hanno loro.”

Nonostante il passare del tempo, l'amore per Erasmo da parte dei tarantini arriva ancora forte e costante a Paola. In molti le scrivono, inviandole foto di Erasmo, delle sue partite, e persino alcuni bambini – l'ultimo, Lorenzo Nardulli – hanno scelto di fare la tesina scolastica su Erasmo Iacovone, nonostante la reticenza di alcuni insegnanti. Questo amore trasversale, capace di superare le generazioni, continua a tenere vivo il ricordo di un uomo che è una vera icona.

"Vorrei tornare a Taranto," confida Paola con un misto di malinconia e determinazione. "Vorrei calpestare ancora una volta il prato dello Iacovone prima della demolizione, a titolo privato, per chiudere un cerchio che, dentro di me, non si è mai veramente chiuso." 

È una ferita che sanguina ancora, ma che non le impedisce di guardare avanti, di progettare, di amare.

E poi, con quella dolcezza che solo l’amore può dare, Paola si abbandona, con la voce rotta, all'espressione di un desiderio che sa di eterno: "Mi piacerebbe che fosse Rosy, nostra figlia, la figlia di Erasmo, a tagliare il nastro del nuovo stadio che porta il nome di suo padre. Sia chiaro, è solo un mio pensiero, non so nemmeno perché te l'ho detto, non lo chiederei mai, ma sarebbe come rinnovare il legame con uno stadio che, come è giusto che sia, sarà reso moderno".

E anch'io ritengo che sarebbe il giusto omaggio a una storia che ha segnato profondamente la vita di Paola e Rosy e quella di un’intera città. Un desiderio di chi ha sempre scelto di essere presente senza mai essere invadente, una richiesta semplice ma intrisa di un amore che non conosce tempo.

Quando si parla della società del Taranto, la sua voce si fa ferma, decisa. Paola, pur avendo sempre scelto pubblicamente la strada del silenzio, condivide il malcontento dei tifosi: "La squadra è stata vituperata, maltrattata ingiustamente. C’è una mancanza di trasparenza che non posso accettare. Questo popolo, che ama visceralmente la sua squadra, non merita una situazione del genere." 

E quando le chiedo se, da tifosa, alla vigilia di Taranto - Altamura, andrebbe allo stadio se fosse a Taranto, Paola risponde netta: "No. Resterei accanto ai tifosi che si oppongono a questo stato di cose. Da imprenditrice, se mi fossi trovata in una situazione di difficoltà, avrei convocato tutti i tifosi allo stadio, condividendo con loro il momento critico, come si fa nelle famiglie, cercando insieme le soluzioni."

Paola non si limita a criticare: con il garbo e la gentilezza che la contraddistinguono, accusa apertamente Giove, il presidente del club, di una "intollerabile mancanza di rispetto e chiarezza," ma estende il suo giudizio anche a tutto ciò che lo circonda, dicendo con amarezza che intorno c’è tanto su cui ci sarebbe da parlare.  Non va oltre, però, mantenendo il tono composto, pur intriso di amarezza e rabbia.

Prima di lasciarci, le chiedo: Cosa vedi in Rosy del padre, quell’uomo che non ha avuto il privilegio di conoscere sua figlia? Paola sorride, con un velo di dolce malinconia, e risponde senza esitazione: "L’esuberanza e il darsi da fare. Rosy ha il DNA di suo padre, e lo si vede in alcuni tratti somatici, ma soprattutto nella personalità." 
Quell’energia contagiosa che aveva conquistato il cuore di una città vive ancora, trasmessa a una nuova generazione, e nelle parole di Paola si percepisce l’orgoglio di una madre che vede riflessa nell’anima della figlia l’eredità dell’uomo che ha amato e che non ha mai smesso di amare.

Paola Raisi Iacovone è una donna che ha trasformato il dolore in forza, la perdita in resistenza, l’amore in una luce che non smette mai di brillare. 
Attraverso le sue parole, emerge non solo la sua incredibile storia, ma anche quella di una città intera, che vive ancora nel ricordo di un calciatore che non è mai stato dimenticato. 
E in quel ricordo, Paola trova ancora la sua forza più grande.

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