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IT'S MUSIC / LINKIN PARK - "THE HUNTING PARTY"

03.08.2014 19:55

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“ Tireremo fuori tutto ciò che avremmo voluto fare, non ascoltare, realizzando un album con lo spirito caotico e viscerale che sentiamo assente nella musica rock di oggi. “

Con parole simili il rapper di Los Angeles di origini giapponesi Mike Shinoda presentò alla stampa “ The Hunting Party “, sesto album in studio dei Linkin Park.

Le premesse potevano essere rischiose e dare vita a una serie d’interpretazioni contrastanti, potevano difatti dar vita a una gaffe poiché rischiavano di far trapelare un approccio musicale più adolescenziale da parte del gruppo con cui Shinoda condivide il ruolo da leader con Chester Bennington nel gruppo con più successo in assoluto in termini di vendite e impatto sulla scena musicale rock mondiale del terzo millennio.

Si sa però che i fuoriclasse non falliscono mai – o quasi - e il gruppo di Los Angeles sforna dopo quattordici anni di attività il suo disco più Rock/Metal in assoluto, con sonorità che spaziano dall’elettronica, già abbondantemente utilizzata negli anni precedenti, a sfuriate Thrash Metal che rimandano inevitabilmente ai vari Metallica, Megadeth e a suoni tipicamente 80’s – tornando difatti alle idee di “ quello che avremmo voluto fare “.

 

La traccia di apertura Keys To The Kingdom fa chiarezza fin da subito; non c’è spazio - o è poco - per sonorità Pop, la base aggressiva è lasciata nelle mani del batterista Rob Bourdon - che in questo disco sforna la miglior performance della sua carriera - nelle chitarre del dottor Brad Delson, del rapper – polistrumentalista, cosa non da tutti - Mike Shinoda e soprattutto nella rabbia sfrenata del vocalist Chester Bennington.

Keys To The Kingdom - “ chiave per il Regno “ è appunto l’apertura ideale a un disco nuovo e che non lascia davvero nulla a caso, compreso l’artwork della copertina ispirata a un lavoro del disegnatore Taiwanese James Jean e che racchiude l’altissimo profilo di merchandising intrapreso dalla band che da sempre ha utilizzato perfino le copertine dei dischi ai fini di diffusione sul mercato del proprio marchio.

Questo inoltre è il primo disco dei Linkin Park – eccezion fatta per i remix album - in cui sono presenti collaborazioni di artisti esterni, la prima in ordine di ascolto è di Page Hamilton, cantante Metal la cui voce è presente nel brano All For Nothing.

Tra i big è presente anche il rapper Rakim, considerato uno dei maestri del rapping old school americano, che presta la sua voce e il suo talento in una strofa hip hop nel primo singolo estratto Guilty All The Same, destinato a essere per qualità uno dei pezzi cardine dell’intera carriera della band, con un approccio aggressivo, dei riff più che convincenti e un assolo di chitarra in chiusura, mai presenti prima in un disco della band.

L’altra piacevolissima sorpresa è rappresentata dal brano War, il sound più anni ottanta che il gruppo potesse concepire, in cui la carica adrenalinica da vocalist di Chester Bennington s’intreccia perfettamente con assoli di chitarra e batteria che viaggiano a ritmi molto sostenuti mai intrapresi in passato.

Continuando l’ascolto, la qualità continua a essere consistente, tra un brano tipicamente Linkin Park come l’ottima Wastelands e il soft elettronico di Until It’s Gone, si arriva a un’altra collaborazione d’eccellenza, quella con Daron Malakian, chitarrista di origini armene dei System Of A Down che proprio insieme ai Linkin Park ha contribuito alla diffusione del Nu Metal nel mondo, e che collabora con la band nel brano Rebellion, anche questo destinato a essere uno dei cavalli di battaglia dell’intera discografia del gruppo; chitarre alternative - tipicamente System Of A Down - strofe e testi aggressivi e di ottima qualità.

Dopo la controversa traccia Mark The Graves, un incrocio di diverse sonorità mescolate tra loro, l’ultima collaborazione porta la firma di uno dei migliori chitarristi degli ultimi anni, quel Tom Morello già entrato nella storia per le sue performance alla chitarra nei Rage Against The Machine e poi negli Audioslave a cui però è assegnato il compito di collaborare in un brano strumentale, Drawbar, senza quindi un cantato; una collaborazione d’eccellenza che a mio parere poteva essere utilizzata meglio.

E ancora dopo Until It’s Gone il secondo ‘lento’, sound in cui la band si è ormai specializzata, è The Final Masquerade e racchiude tra le migliori melodie orecchiabili con cui Chester Bennington, che ormai dimostra di saper e poter scrivere di tutto, si sia mai cimentato; poco da dire, trattasi di un altro pezzo da collezione nell’invidiabile repertorio della band.

Non è però finita, perché il finale spetta a A Line In The Sand; il gruppo in passato ha spesso dimostrato di avere un’attenzione particolare per i brani di chiusura, come già successo nel disco del 2007 Minutes To Midnight in cui il gruppo chiude con l’ottimo brano “ The Little Things Give You Away “, ma questa volta, ancora una volta, i ragazzi californiani riescono ad andare oltre.

A Line In The Sand è un brano rock spettacolare, in cui le strofe cantate dal rapper Mike Shinoda – anche lui dimostra di poter e saper fare qualsiasi cosa – s’intrecciano perfettamente con il ritmo martellante che accompagna la strofa cantata da Bennington, che non pecca ancora d’incisività; tutto ciò per finire in uno schema vincente, rapping/ritornello/strumentale/ritornello e chiusura di ottima fattura.

 

In conclusione  “ The Hunting Party “ si presenta come un ritorno alle scene eccezionale per i Linkin Park, oltre che a fungere da disco Metal dell’anno e rappresentare il loro passo definitivo per lasciare un’impronta nella storia del Rock/Metal moderno, genere che oggi soffre parecchio la mancanza di una vera cultura del Rock come fu presente dagli anni ’70.

In conclusione i Linkin Park, oltre che scostarsi dal sound commerciale degli ultimi dischi, riportano le lancette indietro di diversi anni senza però ignorare le influenze elettroniche e le contaminazioni hip hop che li hanno resi e continueranno a renderli celebri in tutto il mondo ancora per parecchio tempo e, per gli appassionati di musica adrenalinica ma allo stesso tempo riflessiva, non resta che ascoltare l’album ed entrare nelle atmosfere avvincenti di The Hunting Party.

 

Brani chiave: Keys To The Kingdom – Guilty All The Same – War – Rebellion

 

Voto: 9.5


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