Basket M: Cus Jonico TA, a tu per tu con Peppe Diciolla
Sulla via che porta al derby di domenica prossima, Palafiom palla a due alle ore 18, contro la Valentino Castellaneta il Cus Jonico Basket Taranto sta lavorando alacremente per recuperare in fretta il passo falso di Manfredonia. Lavoro tattico, tecnico ma anche fisico.
E quando si parla di preparazione fisica ecco Giuseppe Diciolla uomo deputato alla cura di gambe e muscoli dei rossoblu: “Sarò sugli spalti del Palafiom come spero più gente possibile per spingere i ragazzi all’immediato ritorno alla vittoria nel derby. Sono felice di essere ritornato qui. Tutta gente in gamba non solo da un punto di vista meramente tecnico ma anche da quello del carattere e del temperamento e, ti assicuro, che non è sempre facile mettere insieme un gruppo formato, prima da persone e poi da giocatori.
Un lavoro importante fatto da fine agosto fino ad oggi: “Ovviamente, qualche difficoltà la incontro, per ora, con i tre lettoni ma in ragione della lingua. Il buon Tomass Berzins mi fa un po' da interprete con i suoi connazionali ma, si sa che nella mediazione interpretativa si può confondere il vero significato di certe connotazioni lessicali. Comunque riscontro da parte loro una buona predisposizione a capire ed imparare e questo ci permetterà, via via, di perfezionare la totale comprensione. Non è un problema. Per il momento mi limito, si fa per dire, ad usare gli esercizi fisici adatti alle loro buone potenzialità confortandoli con semplici ma utili suggerimenti per stimolare la loro concreta applicazione”.
Da un coach all’altro, anzi due (Olive e Carone). Immagino che ci sia sintonia? “Non potrebbe non esserci! Altrimenti dovremmo cambiare mestiere. Il lavoro di tecnico e di buon “motivatore” che fa Davide Olive è davvero notevole. Tecnicamente è un grande conoscitore della pallacanestro, è dotato inoltre di grande capacità di comunicazione, utilizzando la carota ed il bastone a seconda dei casi ma senza mai trascendere in espressioni troppo pesanti ed in ogni caso sempre con le motivazioni giuste per ciascun giocatore e per il gruppo al completo. Insomma la società ha fatto bene ad affidargli le chiavi della squadra e non solo! Davide poi ha fatto bene nel volere al suo fianco, anche quest’anno, un assistente del calibro tecnico e morale come il buon Claudio Carone. Insomma una gran bella coppia, non c’è che dire. E’ un piacere lavorare insieme.”
In effetti il risultato positivo di questa sintonia e sinergia tra voi componenti lo staff è, ovviamente, molto importante specialmente in considerazione della media età giovanile dei ragazzi. Un’età giovane che, da un lato è un dato positivo ma dall’altro può scontare momenti di discontinuità nella tenuta psicofisica durante la gara e da una partita all’altra come successo purtroppo a Manfredonia
“Ovviamente è importante che i ragazzi si convincano che seguire i nostri consigli non è solo per migliorare la chimica di squadra che, dal punto di vista, è certamente il fine più appariscente e redditizio ma che la buona performance singola di ciascuno fa bene al singolo, presupposto per conseguire quello del gruppo. Una discontinuità di prestazioni da studiare bene”
Parlando dei singoli, come giudichi la crescita dei tanti giovani di quest’anno, i tarantini e non solo?
“Decisamente buona con potenzialità ancora da scoprire del tutto ed è un bene che permette loro di avere sempre stimoli a perfezionarsi ed a credere in sé stessi, dovendosi misurare con giocatori più esperti e collaudati da tante battaglie. Inoltre, cosa importante, Bitetti e Pannella li seguo sin
dai tempi della Virtus, per cui si fidano di me, bontà loro ed io cerco di infondere loro la mia fiducia. “Do ut des”, insomma. Di Andrea Grosso non posso che dire un gran bene, sia come carattere che come tecnica. E’ saggio, in qualsiasi situazione non perde mai la calma, non si fa prendere mai dal panico, sia ovviamente in campo che fuori. Interpreta al meglio il ruolo di vero capitano, sempre col sorriso pronto. Simone Di Diomede è un ragazzo riservato ed è bello averlo in squadra perché abbastanza fattivo. L’ancor più giovane Emmanuel Cito ha già l’imprinting di chi ha buoni margini di crescita. Mi ha fatto particolarmente piacere il ritorno di Gianluca Salerno. Un bravo ragazzo che aveva bisogno di ritrovarsi in un complesso che ne valorizzasse le sue buone qualità tecniche ma anche umane ed i risultati positivi in un ruolo delicato come il play si vedono...eccome. Più che buona considerazione anche per il nostro partenopeo Nicola Longobardi, un combattente in campo ed una Persona solare fuori. Insomma c’è abbastanza materiale umano su cui poter lavorare con successo.”
Una bella famiglia affiatata con moglie e tre figli da accudire e tanta attività professionale da dedicare a diverse discipline sportive ed a tanti atleti e sportivi vari. Oltre che preparatore atletico e personal trainer il nostro Diciolla di mestiere fa anche il “mental coach”. Un ruolo ed una funzione sempre più in voga nella pratica sportiva e non solo. Un non addetto ai lavori potrebbe chiedersi: ma in cosa consiste questo ruolo? “Chiariamo subito che io non sono uno “strizza cervelli” e nemmeno un terapeuta. Sono solo un esperto insegna alle persone come rendere al meglio ed in tale funzione mi occupo di svolgere un lavoro mentale, in particolare, con gli sportivi, sin dal 2005. Il mental coach moderno è diverso dal “motivatore”, che è invece compito dei tecnici. Il motivatore lavora sul momento delle competizioni, suggerendo con forza ai suoi cosa non avrebbero dovuto fare e ciò che, invece, devono correggere per migliorare la chimica di squadra. Per capirci, il mio compito è lavorare con l’atleta, prima e dopo, per scoprire insieme cosa può funzionare meglio in lui, facendo in modo che lui possa “impossessarsi” del suo meglio per metterlo in pratica non solo nello sport ma anche nella vita stessa”.
Sembra facile tanto che ci viene in mente il perché ognuno di noi non ha mai pensato di procurarsi un mental coach personale. Ora però dimmi come vanno le cose nel nostro sport, nel basket?
“Io lavoro sulla mente dell’atleta affinché lui possa pensare solo al presente, ad ogni presente, né al passato, né al futuro. Le sue prestazioni debbono essere sempre pensate nel presente, nell’immanenza delle sue prestazioni, affinché lui possa rendere al 100% o quasi. Questa pratica si chiama “ReSonance” , cioè fare in modo che l’atleta, anche se inserito in un gruppo, allorché entra in campo possa essere consapevole delle proprie capacità mentali e tecniche esaltate al massimo. Quindi, se ogni atleta di una squadra riesce in questo “essere se stesso” può maggiormente essere utile all’obiettivo vincente della propria compagine. Per l’ignaro sembra un aspetto complicato da perseguire ma, invece, è una condizione molto semplice. Purtroppo non basta semplicemente volerlo e qui subentra il mio lavoro”.
In effetti, a pensarci bene, noi umani conosciamo poco della nostra materia grigia che, invece, è tutta scoprire a patto che si stimoli di più la capacità volitiva.
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