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PALAGIANELLO (TA). Domenica 28 gennaio, la chiesa rupestre di Sant'Andrea rivive con le installazioni dell'artista Fabrizio Bellomo nell’ambito del progetto Semina

27.01.2018 22:05

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Una volta era una chiesa sotterranea, oggi sembra arroccata in cima ad una piccola torre. La chiesa rupestre di Sant’Andrea non si è spostata, ma è stato il paesaggio che la circonda, fatto di cave, gravine e villaggi rupestri a modificarsi nel tempo. Così, l’antico ipogeo oggi sembra quasi un grattacielo e domenica 28 gennaio tornerà a vivere grazie alle installazioni di Fabrizio Bellomo, nell’ambito del progetto “Semina”.

Un progetto che, nato con l’associazione “Bocche del Vento” grazie a Lilia Carucci e Valentina Maggi, “semina” azioni a favore della rigenerazione, del patrimonio naturalistico e delle relazioni, cogliendo nell’arte e nella riqualificazione del paesaggio la via per sperimentare e promuovere nuovi modelli di rinascita dal basso.

Parte del progetto “Open Plus”, vincitore di Funder35 nel 2016, sostenuto da Fondazione con il sud e patrocinato dal Comune, “Semina” ha già portato a Palagianello il poeta Franco Arminio, il fotografo Andrea Semplici, il regista Luigi Gherzi. Per la sezione “Semina Fragile” dedicata all’arte contemporanea, curata dalla presidente Lilia Carucci, domenica arriva Fabrizio Bellomo, artista e ricercatore, impegnato a investigare il rapporto tra uomo, natura e cultura. Dopo una settimana di ricerche ed esplorazioni, presenterà la sua opera installativa nella chiesa di Sant’Andrea, aperta al pubblico dalle 10 alle 12.

L’antico ipogeo ritornerà così ad essere fruibile. Bellomo ne ha trasformato il vecchio portone di ingresso in una finestra che si affaccia sulla gravina, murato per metà con conci di tufo estratti in zona. Facendo base su questi conci è stato realizzato uno stendino di ferro con dei panni appesi ad asciugare. Così in quel luogo inanimato e non frequentato torneranno ad esserci cenni di presenza umana. I panni stesi sventoleranno e cadranno; ne verranno stesi degli altri, affinchè quel luogo continui a mantenersi vivo o almeno ad apparire come tale.

Questa, l’installazione realizzata, cui è stato dato il nome di “Franchino”: uno sconosciuto che pare abiti qualche casa grotta nella zona bassa della gravina. A lui è stata dedicata l’opera di Fabrizio Bellomo, che rientra nel suo più ampio progetto denominato “Villaggio Cavatrulli”. In quei luoghi scovati nel paesaggio pugliese in cui individua condizioni architettoniche di scarto, determinate dallo sfruttamento lasciato dall’attività di cave e dall’estrazione di materiali da costruzione, Bellomo tenta di riportare la vita. Il suo è uno sguardo ambientale, un invito a fare esperienza diversa del territorio che quotidianamente attraversiamo e viviamo.

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