STORIA DEL DIALETTO TARANTINO / LE EREDITA' LINGUISTICHE LATINE
di Aldo Simonetti
E’ quasi pacifico che l’80% circa del lessico tarantino è di derivazione latina. Per averne conferma, è sufficiente estrapolare una qualunque parola di uso comune, persino di quelle talvolta aborrite dal perbenismo sociale che sovente alberga tra i Due Mari. Diamone, a tal proposito, qualche esempio:
síve < sebum (‘grasso’)
créje < cras (‘domani’)
stuèdeche < stolidus (‘stupido’)
cìgghie < aculeus ('stimolo')
puérche < porcus (‘maiale’)
scutuláre < excutulare (‘scuotere’)
lucèscere < lucescere (‘farsi giorno’)
mùcete < mucidus ('ammuffito')
stepáre < stipare ('ammassare', 'riempire')
Sarebbe impresa ardua stilare l’elenco completo di termini di discendenza romanza: non basterebbe probabilmente un’intera giornata per scorrerli 'in toto'. E’ il caso, adesso, di osservare a volo d’uccello gli aspetti più significativi della presenza latina nella nostra parlata, dal punto di vista fonetico, morfologico e sintattico. In primo luogo, vanno segnalate le assimilazioni consonantiche 'nn' e 'mm' da 'nd' e 'mb'. Questo fenomeno è riscontrabile in parole come 'mùnne', 'tùnne', 'bammíne' e 'chiùmme'. Si tratterebbe, effettivamente, di un retaggio osco-umbro (proveniente, quindi, dall'area centro-meridionale della Penisola), giunto dalle nostri parti attraverso la corrente latina (che l'avrebbe dapprima accolta, successivamente esportata in buona parte del Mezzogiorno). Di una certa rilevanza è anche la spirantizzazione della labiale 'b' in 'v': 'várche' per 'barca' e 'vòcche' per 'bocca', fenomeno che interessa tutta l'area romanza. Rimarchevole, in ambito morfologico, l' origine dei suffissi diminutivi '-idde' ed '-edde', rispettivamente da '-illus' ed '-illa':' sparet-ìdde' (specie di pesce), 'patan-èdde' (piccola patata). Ancora, l'esito delle desinenze del tempo imperfetto: av-éve ('io avevo') da 'hab-ebam', con spirantizzazione della labiale. Si osservi anche l'origine dei pronomi dimostrativi 'quìdde' (da 'ille') e 'quèdde' (da 'illa'), nonché 'stu (cfr. il latino letterario 'iste') e 'sta ('ista'). Degna di nota è la congiunzione 'ca' ('vògghie ca tu...'- 'voglio che tu'), corrispondente al 'quod' utilizzato dagli autori classici nelle proposizioni dichiarative. Singolare è poi l'impiego della costruzione scére + gerundio (vè durmènne?), analogamente al latino 'ire iendo', denominata 'circonlocuzione verbale'. Quanto riferito in questa sede, non è che un'esigua parte delle eredità linguistiche della 'Caput mundi'. Che, per ovvie ragioni di spazio e tempo, non è stato possibile riportare interamente. In ogni caso, è necessario ribadire che alla base del nostro dialetto, da tutti adoperato quotidianamente (prescindendo, pertanto, dalla posizione sociale ed economica del parlante), vi è il latino volgare, differente (sebbene in modo non notevole) da quello letterario e codificato dei grandi autori.
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