LA BELLA VITA A NAPOLI NEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO
Il popolo partenopeo non si faceva mancare nessuna forma di intrattenimento e di teatralità: la canzone, i balli, la musica riecheggiavano sin dentro gli archi di trionfo di ancestrali memorie
Con la morte del Re Umberto I, finisce la stagione dell’autoritarismo, non rimpianto per altro dal popolo, e si gettano le basi speranzose della cosiddetta “Era Giolittiana”. All’inizio del Novecento Napoli presenta ancora un aspetto ottocentesco, verdeggiante, quasi come l’aveva conosciuta Giacomo Leopardi. Si utilizzano, ad esempio, ancora le carrozzelle come mezzo di trasporto principale. Quartieri quali Fuorigrotta, Posillipo e Vomero appaiono scarsamente urbanizzati, eppure Napoli è l’unica vera metropoli italiana della Belle Epoque. Sono anni irripetibili e magici che si consumano nell’atmosfera briosa delle mille follie, stravaganze, canti e balli. Napoli nei primi anni del 1900 è la sede moderna dell’industria della musica. Grazie alle macchine che suonano, un ampio mercato discografico pone le basi per nuove sperimentazioni rappresentative. Due apparecchiature, perlopiù destinate all’uso domestico, si affermano nello scenario dell’industria della cultura: il fonografo ed il grammofono. Questi complessi macchinari contribuiscono, in parte, alla nascita della canzone napoletana e ad una sociètà borghese dedita a numerose feste danzanti, terreno congeniale alla propria credibilità e ascesa sociale. Alcuni storici sostengono che a Napoli sono state scritte molte canzoni in questo periodo destinate a rimanere nell’immaginario collettivo basti pensare, infatti, alla canzone Torna a Surriento del 1902. La prima trasmissione radio del 1906, quando i segnali morse giungono da un capo all’altro di due continenti sostituiti però da una voce umana, contribuisce ad un maggiore sviluppo delle arti, sia canore sia coreutiche. Attraverso l’invenzione di Marconi, evidentemente, non si trasmettono solo notizie. Vengono diffuse musiche ballabili quali il Charleston, che richiama il jazz, la rumba e il tango. Un’infinità di momenti di svago in cui il popolo esprime originali attitudini: le sfilate con l’accompagnamento musicale di tamburi, triccaballacche e nacchere altro non sono che momenti festivi. La qualità delle sale teatrali, inoltre, fa emergere a Napoli la presenza di diversi aspetti coesistenti sul territorio cittadino dell’espressione artistica. C’è ne per ospitare tutti i tipi più alla moda e per valutare la ricchezza delle energie locali e di importazione in un continuo incrociarsi del genere colto con la cultura popolare. La Belle Époque napoletana, scandita oltremodo dalla nascita dei Café chantant, dai grandi eventi musicali e teatrali è un epoca culturale intensa. Con la nascita del Quartiere latino, con riferimento al più famoso quartiere parigino, Napoli fu al pari di Parigi, capitale del divertimento e delle chanteuse , città della “belle époque, la città della mondanità, dell'arte, del giornalismo…”. Sulla falsa riga del successo dei cafè-chantant francesi di Mouline Rouge e Folies Bergere, alla presenza della élite cittadina, viene inaugurato quello che diventerà un simbolo di quest’epoca, il Salone Margherita, il primo in Italia ad esibire le ballerine del can can. La vita intellettuale partenopea, dunque, è in pieno fermento, alla ricerca di una funzione vitale nell'Italia unita. Le invenzioni e progressi della tecnica e della scienza sono senza paragoni a confronto con le epoche passate. Al miglioramento delle condizioni di vita si andava diffondendo un senso di ottimismo. La Belle Époque indica proprio questo, con al centro le grandi capitali europee. E Napoli, protagonista indiscussa, lascia ben intuire l’idea che il Novecento sarebbe stato un periodo di pace e di benessere.
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