LE ISOLE CARAIBICHE: ALLE ORIGINI DI TUTTI I BALLI
Le maracas (composti con zucche svuotate e sassi), i tamburi (qualsiasi tipo di cassone vuoto) e le claves (composti da due bastoncini di legno) diventano “…la sintesi terapeutica e dei simboli” (Diego Carpitella). È in un contesto di miseria e di riscatto che prendono origine i balli caraibici. Le popolazioni locali caribene avevano accresciuto abitudini di culto, di produzione ritmica e di danza da poter far pensare a vere e proprie primigenie manifestazioni artistiche. Mentre i primi conquistatori per secoli cercarono l’oro, le ricchezze, l’acqua e spesso, però, trovarono tanti ananas, la popolazione locale miscelava la contradanza, il passepied, la quadriglia con le tradizioni afrocaraibiche musicali. Una vita che man mano diventava, per così dire, sempre più sociale con le contraddizioni e le difficoltà del momento. Chi lavorava nelle piantagioni viveva una condizione di schiavitù, ma aveva nel sangue il ritmo e le movenze tipicamente africane del nuovo ballo, la Rumba. Gli aristocratici, invece, si dilettavano nel nascente ballo del Danzon, derivato dall’incontro tra le culture europee e caraibiche. Nelle feste popolari più significative, ricchi o poveri, liberi o in catene, si ballava e cantava, si pregava e si sperava. I balli caraibici non hanno avuto uno sviluppo omogeneo su tutte le isole del mar dei caraibi. Il filo rosso che li collega potrebbe essere il contesto geografico e storico in cui tutto è nato. Vanno definiti, ancor prima che ballati, per la loro grande capacità di aggregazione sociale che nei secoli, appunto, ha reso possibile trasformazioni, evoluzioni, invenzioni, e non solo in termini coreografici.
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