Taranto: il tradimento totale. Tra bugie, scaricabarile e la passerella di chi danza sulle macerie
Di Rossana Sangineto
Questa non è solo una cronaca di avvenimenti. È una ricostruzione dei fatti, il racconto di un sentimento collettivo che emerge prepotente dalle pagine dei tifosi, dalle loro voci, dai loro striscioni. È la storia della rabbia di chi ama questa maglia e la vede calpestata ogni giorno da una gestione fallimentare, dalla superficialità della politica e dal silenzio di chi dovrebbe rappresentare la piazza.
Taranto, oggi, è una città umiliata, tradita e abbandonata.
La farsa della trattativa con Apex è l’ennesima pugnalata al cuore. Doveva essere la svolta: Mark Campbell, il rappresentante di Apex, è stato accolto con sorrisi e passerelle. La politica cittadina, guidata dal sindaco e dalla sua maggioranza, ha pubblicizzato quella trattativa come fosse un successo da rivendicare. Post, foto, strette di mano sorridenti , la maggioranza del sindaco ha cavalcato la cessione per riempire i social di proclami e propaganda, mentre la piazza aspettava con fiducia. Una pubblicità spudorata, indegna, fatta sulle spalle dei tifosi e sulla pelle di una squadra ormai allo sbando. Quello che resta, di tutto questo, è una trattativa naufragata tra accuse reciproche e retorica.
Ma è la tifoseria a urlare ciò che tutti pensano: basta bugie, basta scuse. Il clima di rabbia è tangibile, palpabile, e lo dimostrano gli striscioni comparsi in città negli ultimi giorni. Striscioni di protesta e di dura contestazione rivolti contro tutti i principali protagonisti di questo disastro: Massimo Giove, il sindaco, l’assessore allo Sport Gianni Azzaro, l’ormai ex dirigente Sapio e l’APS Taras, a cui viene rimproverata una posizione troppo silenziosa di fronte al crollo della squadra e della società. Un messaggio chiaro e collettivo che inchioda tutti alle proprie responsabilità.
A peggiorare un quadro già drammatico, arriva l'annuncio delle dimissioni di chi non vuole più essere parte di questo orrendo gioco al massacro: Michele Cazzarò e tutto lo staff tecnico, seguiti dal dirigente Sapio. Dimissioni che hanno il sapore di fiele e raccontano di un fallimento irreversibile, dove il caos e l’incapacità di gestione hanno preso il sopravvento. A chiarire la propria posizione è stato lo stesso Cazzarò in un post tanto lucido quanto amaro: “A scanso di equivoci domani saranno firmate le mie dimissioni. Tranquilli, chi ha messo la faccia fino a ora se ne va e toglie il disturbo. Fatto solo perché quella maglia per me è l’unica cosa che importa veramente. Ma tranquilli tolgo il disturbo. Se non piaccio ci sta, ma la famiglia dovete lasciarla stare.”
Ma il disastro non si ferma qui. Dopo la sconfitta di Monopoli, è arrivato il momento più basso di questa stagione fallimentare: l'aggressione alla squadra al rientro in città. Un episodio gravissimo, da condannare senza esitazione, ma che rappresenta la misura di una rabbia esplosa dopo anni di prese in giro, promesse non mantenute e una gestione che non ha mai saputo tutelare né la società né la tifoseria. Perché quando si gioca con il cuore e la passione della gente, quando si continua a deluderla e tradirla, è inevitabile che la disperazione si trasformi in qualcosa di pericoloso.
Questa non è solo una squadra in difficoltà: è l’emblema di una città tradita. È il sentimento di chi, leggendo le pagine dei tifosi, ascoltando le loro parole e vedendo il loro grido di protesta, sente che la pazienza è finita.
Taranto non merita questo. Taranto non dimentica chi l’ha tradita. Oggi i tifosi sono soli, ma la loro passione è più forte di tutto. La maglia rossoblù è un simbolo che non può morire per colpa di pochi indegni. Chi ha fallito, lasci spazio. Chi ha taciuto, parli. Perché Taranto è stanca, ma non si arrenderà mai.
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