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IT'S MUSIC / LANA DEL REY - "ULTRAVIOLENCE"

29.06.2014 15:27

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Torna l'antidiva Elizabeth Grant, più conosciuta come Lana Del Rey, con il secondo album

"Ultraviolence", in uscita il 13 Giugno.

Prima di parlare dell’album però, permettetemi una premessa; l'attesa per il secondo disco della cantante americana è stata davvero pesante al punto tale che sia la stampa sia i fans non sapevano se aspettarsi un disco come quello d'esordio "Born To Die", che col suo approccio retrò e malinconico è riuscito a conquistare le classifiche di tutto il mondo, nonché un nuovo pubblico di fan che si discosta dai canoni attuali delle dive pop, ebbene la ventottenne newyorkese conferma di non voler tornare indietro, e di continuare ad avere successo per la sua voce prima che per le sue gambe, come invece le popstar di oggi ormai ci hanno abituati.

Trovo quindi incredibile come alcune note testate giornalistiche italiane abbiano "bollato" Lana Del Rey come un prodotto artificiale che funziona alla perfezione, in quanto, anche se di prodotto commerciale trattasi - vista la presenza di una fortissima casa discografica alle spalle come l’americana Interscope Records e uno staff di musicisti a completa disposizione - ci si dovrebbe maggiormente scandalizzare per lo più della mediocrità con cui le varie Lady Gaga, Rihanna, Miley Cyrus e compagnia si approcciano ai fans e al mondo dei media, mercificando il proprio corpo e prostituendosi musicalmente ubbidendo con rigore alle regole di mercato imposte dalle loro di case discografiche e mettendo in secondo piano una musica, che a dire il vero, non offre niente di nuovo se non ritornelli pronti ai remix dei vari David Guetta e Bob Sinclair.

 

Passando al disco, la prima impressione che si ha ascoltando "Ultraviolence" è che non solo Lana Del Rey mantiene salda la sua filosofia musicale basata sul blues e sul baroque, ma diminuisce addirittura l'approccio pop come avvenuto in passato per brani come "Blue Jeans" e "Summertime Sadness".

L'apertura con "Cruel World" -"mondo crudele"- si potrebbe definire ormai come il classico brano con cui Lana Del Rey aprirebbe un suo disco, seguito subito da uno dei pezzi più riusciti del disco, la title-track "Ultraviolence" estratto come terzo singolo dal disco conferma le influenze anni sessanta oltre che un ritornello leggero e di facile ascolto, mentre ai primi ascolti sembra un po’ meno efficace l'accoppiata di brani "Shades Of Cool" e "Brooklyn Baby" che, rendono giustizia solo se ascoltate con particolare attenzione.

"West Coast" è l'altro cavallo di battaglia del disco, un brano destinato a diventare un classico del repertorio della cantautrice americana, con un approccio molto pop e un'atmosfera coinvolgente riesce a essere ipnotico fin dai primi ascolti.

Come detto in precedenza, ciò che ha sorpreso principalmente i fan - me compreso - è proprio come questo secondo disco non presenta un piglio più commerciale rispetto all'album d'esordio come ci si aspettava per provare ad ampliare il pubblico, ma presenta uno stile perfino più complesso, più raffinato e sostanzialmente meno commerciale, come conferma anche il brano "Sad Girl", altra traccia ben accompagnata da archi e piano che si accostano perfettamente alla voce della cantante.

L'ottimismo nei testi si sa, è un optional per Lana Del Rey, ascoltasi  "Pretty When You Cry" che presenta dei richiami molto anni settanta - a mio parere gli Eagles - confermato anche da un assolo di chitarra in chiusura, che condisce un'altra tra le tracce migliori dell’album.

E ancora si prosegue bene con "Money Power Glory" un probabile messaggio di rigetto verso quella vita fatta di soldi e successo che in una recente intervista a The Guardian la cantante ha definito come "un film del c****", intervista che per altri aspetti ha creato non poche polemiche con Bean Cobain, figlia del defunto Kurt Cobain dei Nirvana in merito alla morte prematura di cantanti illustri.

Prima dell'ultima provocazione "Fucked My Way Up To The Top", in chiusura un paio di buoni lenti accompagnati dal piano, "Old Money" e "The Other Woman", quest'ultima con dei richiami New Wave, che chiudono perfettamente l'album, che nella versione deluxe presenta ulteriori quattro tracce bonus.

In conclusione Ultraviolence è il classico secondo disco perfetto, - non considerando l’album del 2010 non pubblicato come Lana Del Rey - l’azzeccato proseguimento del cammino intrapreso con “Born To Die” che, critiche e provocazioni a parte, porterà Lana Del Rey sul tetto delle classifiche mondiali anche quest’anno, vedesi il milione di copie vendute raggiunto in una sola settimana dalla pubblicazione, e che consacra la cantante newyorkese tra le stelle del pop mondiale; guai però a chiamarla reginetta.

 

Voto: 9


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