L'editoriale di Tst

L’arte del bussare con i piedi

a cura di Fabrizio Izzo

20.06.2017 19:58

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Immagine ZaccagniIl modo di dire “bussare con i piedi” è frequentemente usato in forma goliardica e scherzosa in ambito familiare o tra amici per sensibilizzare il potenziale ospite a presentarsi con le mani occupate da un presente, solitamente pietanze o dolci. Per riportare la frase idiomatica nell’ambito calcistico si può pensare ad alcuni allenatori e ad alcuni presidenti dove i primi sono i potenziali ospiti e i secondi i sicuri padroni di casa. Siamo al limite tra la concussione e la corruzione, sicuramente parole grosse, esagerate, che riguardano ambiti più importanti ma che in fondo assomigliano tanto a quello che succede nelle società di calcio dilettantistiche. In questo periodo dell’anno, in prossimità dell’azzeramento delle cariche societarie (30 giugno), con le società che si riorganizzano per preparare la stagione successiva, il movimento degli allenatori è notevole. Nelle sedi sociali il via vai dei pretendenti alle panchine è frenetico, le linee telefoniche e i vari smartphone diventano incandescenti, SMS e WhatsApp in continuo aggiornamento, una situazione naturale vista la volontà delle squadre di migliorarsi, cambiare e rinforzarsi. Tutto apparentemente normale se non fosse che da un bel po’ di anni a questa parte, probabilmente troppi, per sedere su una panchina molti allenatori portano o promettono alle società contropartite economiche, il così detto sponsor. Sempre più allenatori ricorrono a questo espediente per potersi assicurare una panchina stagionale a discapito di chi non ha questa opportunità. Una condizione, questa, che rende il calcio sempre più mediocre sia nell’aspetto gestionale che in quello tecnico-tattico. È ovvio che un allenatore di qualità che fa della professionalità un punto fermo della propria carriere, a fronte di questo uso e costume, non sceglierà mai un tale compromesso e conseguentemente avrà meno possibilità di allenare, in barba alla meritocrazia. Dall’altra parte della scrivania troviamo i massimi dirigenti societari che in un certo qual modo alimentano, con il loro saper fare, questo sistema marcio e malato facendo gli occhi dolci a chi può elargire e concedendogli il timone della squadra. Ecco perché la similitudine con la concussione e la corruzione, per farla più chiara e semplice diciamo: bussare con i piedi, oggi diventata quasi un arte, c’è chi lo fa benissimo ma sono bravi anche coloro che la inducono. Rendiamo questo calcio più genuino e meritocratico, insegniamo il buon comportamento, diamo il buon esempio, a che serve pagare per allenare? Se si è bravi, il calcio premia, se si è mediocri e si paga, si rimane tale. Per quanto riguarda i presidenti che tessono la loro ragnatela nel proprio covo dico: “siate meno opportunisti, meno affamati di soldi, se non disponete del capitale adeguato a sostenere una società, non fate i presidenti, abbandonate la scena, cercate di far ricrescere questo sport moribondo e inaridito da una crisi economica senza fine e orfano di uomini che sappiano fare calcio”. Credo sia giunto il momento di iniziare a parlare insistentemente del fenomeno sponsor e rompere il silenzio omertoso che lo avvolge, tutti sanno ma nessuno parla, è preferibile anche eliminare l’opportunità di dare una panchina solo per clientelismo, altro fenomeno da debellare. Ci vuole merito per allenare e i meriti si ottengono con il lavoro sul campo, con l’applicazione e la professionalità. Ai presidenti consiglierei di scegliere i propri allenatori giudicandoli da ciò che producono, dal bel calcio che fanno esprimere alla squadra, dall’equilibrio, dalla competenza e dai risultati, escludendo coloro che si propongono, chi si propone evidentemente non ha richieste e forse non è nemmeno bravo. Gli allenatori bravi sono in attesa sapendo di avere un prodotto e aspettando che lo stesso venga comprato ed apprezzato correndo anche il serio rischio di non allenare. Mi auguro che nessuno si senta leso per quel che ho scritto ma che tutti si sentano coinvolti nel fare qualcosa per migliorare l’amato calcio dilettantistico. Questo fenomeno del “no sponsor, no mister” imperversa per tutta la penisola, i casi venuti a galla sono tanti ma in numero inferiore a quelli reali e taciuti. Il governo del calcio dovrà aprire gli occhi prima o poi, regolamentare tutto esercitando un serio e capillare controllo su ciò che effettivamente accade, sapere e comportarsi come gli struzzi non è una soluzione, è complicità.

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