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ALLARME EBOLA: EPIDEMIA SENZA PRECEDENTI IN GUINEA, 80 I MORTI

02.04.2014 10:29

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Il virus sta scatenando l’inferno in Africa, infatti non solo è quasi sempre letale e non esiste terapia, ma il contagio si sta propagando in Sierra Leone e Lineria
La paura sale, ma, in maniera direttamente proporzionale, cresce anche la voglia di stare vicino alla persona cara contagiata. Il rischio elevato di contrarre l’infezione è davvero elevato, perché stare a contatto con chi presenta i sintomi della malattia, diventa quasi una prova di coraggio. La situazione è davvero delicata, rischiosa e allarmante così tanto da far emanare l’allerta dall’Oms (Organizzazione mondiale della sanità). La situazione viene costantemente aggiornata, nei limiti delle possibilità, tramite il dirigente del ministero del Paese africano che ha trasmesso non solo il numero dei deceduti, 80, ma, anche, i malati sospetti che ammonterebbero a 122. La cosa che preoccupa maggiormente è il contagio che sta interessando altre località del Paese come la Sierra Leone e la Liberia, arrivando sino alla capitale della Guinea, Conakry, dove i casi confermati sarebbero 8. Attualmente, la struttura principale di isolamento è l’ospedale di Donka che funge da vero e proprio quartier generale. Oltre all’Oms, anche i Msf (Medici senza frontiere) stanno contribuendo e aiutando le civiltà che si trovano in difficoltà. Prestare aiuto in casi simili è simbolo di coraggio e altruismo, infatti non dobbiamo dimenticare il pericolo che anche loro corrono nel contrarre la patologia, nonostante la tuta protettiva, i guanti, la mascherina e gli occhiali. Una delle strategie più adottate è quella di isolare la zona, i colpiti e coloro che sono stati in contatto con chi presenta i sintomi dell’infezione. La febbre emorragica da Ebola si diffonde rapidamente attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urine, latte materno. La febbre emorragica da Ebola si diffonde rapidamente attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urine, latte materno. La febbre emorragica da Ebola si diffonde rapidamente attraverso il contatto diretto con persone e animali infetti e tramite sangue, urine, latte materno. Da una recente intervista fatta ad Esther Sterk (un ufficiale delle truppe) emerge la spiegazione esaustiva di come si sviluppa la malattia:” Dopo un periodo d’incubazione che va dai due ai 21 giorni, il virus causa una febbre violenta, mal di testa, dolori muscolari, congiuntivite e fiacchezza generale. In un secondo momento il paziente registra vomito, diarrea e talvolta rash cutaneo. Il virus si diffonde nel sangue e paralizza il sistema immunitario (manda in tilt le difese dell’organismo). È particolarmente aggressivo perché il corpo non riconosce questi virus immediatamente e quando comincia a rispondere, è ormai troppo tardi. In quel momento, i virus hanno già creato problemi di coagulazioni che impediscono l’accesso del sangue a organi vitali, e causano emorragie gravissime”. (fonte Corriere) Un’altra fonte di trasmissione eloquente della patologia nelle comunità africane, potrebbe avvenire nel momento in cui i familiari lavano il corpo del defunto per la celebrazione tradizionale dei funerali. L’intervista alla Sterk continua approfondendo le eventuali prospettive future, come la possibilità di limitare la malattia, di curarla, dato che, oggigiorno, è ancora impossibile trovare una terapia. Quali le prospettive nella lotta a Ebola? La Sterk è triste nel rispondere: «La ricerca su questa malattia è limitata e difficile, al momento è in corso uno studio sulle origini del virus e sui pipistrelli, che molto probabilmente sono il serbatoio naturale del virus. Negli ultimi anni, Msf ha accumulato una lunga esperienza nel trattare i casi ma stiamo anche tentando di migliorare la nostra risposta a queste epidemie. La chiave di successo è nell’intervento immediato, subito all’indomani dell’identificazione e conferma del primo caso». E già questa è una sfida, perché Ebola comincia a colpire in aree isolate e a volte passa tempo prima che sia segnalata alle autorità. Spesso confusa con la malaria: i primi sintomi sono molto simili. Non c’è cura. «No», conferma la specialista di Msf. E allora che armi avete? «Noi possiamo soltanto ridurre l’alto tasso di mortalità trattando i sintomi. Possiamo somministrare flebo ai pazienti disidratati a causa della diarrea e assicurarci che non abbiano altre malattie, come malaria o infezioni batteriche quali il tifo. Le vitamine e gli anti-dolorifici sono utili, ma quando una persona perde conoscenza e sanguina copiosamente, allora non c’è più speranza. A quel punto, cerchiamo di alleviare la sofferenza del paziente e rimanere con lui fino alla fine». Poi c’è un lavoro «investigativo», molto importante. Esther Sterk lo spiega: «Per limitare l’epidemia, è fondamentale identificare l’intera catena di trasmissione. Dunque tutti gli individui che sono entrati in contatto con pazienti e che potrebbero esser stati contaminati vengono controllati e isolati al primo segnale d’infezione. Le comunità dove si è registrata l’epidemia devono anche essere informate sulla malattia e sulle precauzioni da usare per ridurre i rischi di contagio». Misure igieniche di base -come lavarsi le mani - possono ridurre significativamente il rischio di trasmissione. E questa, per ora, è l’unica strategia che gratifica i “soldati” di Msf e gli sforzi dell’Oms: limitare il contagio per limitare i morti, “alleviare” i sintomi per salvare qualche vita, insegnare l’igiene laddove manca anche l’acqua da bere. (fonte Corriere) Per quanto riguarda, invece, i responsabili dell’epidemia sembrerebbero essere i pipistrelli. Infatti,Giuseppe Ippolito (direttore dell’istituto epidemiologico di Roma), sottolinea:” Le popolazioni interessate li mangiano comunemente sia arrostiti che in forma di zuppa, ma, anche, il contatto con il guano può portare all’infezione”. Tutto questo ci permette, sicuramente, di poter, in qualche modo, cercare di prevenire tale condizione. La giusta attenzione ed informazione per far divulgare la notizia, affinché tale precarietà venga combattuta in tutto il globo, affinché non esista più differenza di ceto sociale, in quanto, ciò provoca un declassamento dei modi di vivere che, poi, generano tali allarmismi e, inoltre, tutto ciò sottolinea l’importanza di eseguire i giusti controlli a livello salutare, senza mai eccedere.

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