LA STORIA DEL DIALETTO TARANTINO / L'ETA' ROMANA - NASCE IL NOSTRO DIALETTO

27.08.2013 21:33

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di Aldo Simonetti

Se il dialetto tarantino rientra di diritto nel novero delle lingue neolatine (includendo, fra le altre, lo spagnolo, il ladino e il romeno), non è  pertanto inesatto collocare ufficialmente il suo periodo di gestazione e nascita in età romana. Benchè, agli albori, nulla abbia di somigliante con quello oggigiorno parlato.

Senza dilungarsi in stucchevoli 'excursus' (e sia concesso l'utilizzo del nominativo singolare) storici relativi alla conquista romana della Città (avvenuta nel III secolo a.C.), basterà dire che il latino penetra a Taranto non senza difficoltà.  Se, difatti, si dà ragione a Strabone, geografo greco coevo a Gesù Cristo, il quale nel libro VI della sua Geografia annota che nel I secolo a.C. l'ellenismo vi resiste ancora, detta notizia può godere del crisma della veridicità. E' altrettanto vero, però, che l'unificazione linguistica dell'Italia da parte di Roma  (a seguito dello scioglimento della Lega latina -nel 90 a.C.- e che interessa, conseguentemente, anche il nostro territorio) sembra già avvenuta.

Non si è a conoscenza, tuttavia, della ragione di questo ritardo nell'accettazione e nella diffusione del nuovo idioma. Certo è che, diversamente da altre località della penisola, più propense ad accogliere le novità culturali dalla metropoli, la decaduta capitale della Magna Grecia costituisce un caso a parte. Da scartare l'ipotesi relativa alla sua posizione periferica rispetto al potere centrale, così come la mancanza di un'efficiente sistema stradale che la congiunga all'Urbe: la via Appia, in realtà, costituisce un' ottima via di collegamento. E' più plausibile, invece, che il forte senso d'identità ellenica e la scarsa simpatia da tempo nutrita nei confronti di Roma possano rappresentare il movente di questa ammirevole resistenza.
Naturalmente, in questa sede, per  'latino' non si allude a quella lingua letteraria e codificata di un Cicerone, croce e delizia di studenti liceali, bensì a quella parlata (ossia il latino volgare o 'sermo vulgaris'), flessibile e soggetta a contaminazioni esterne e a quelle di sostrati locali. Così come accade da noi, laddove il greco, quantunque formalmente sostituito e ormai stratificatosi, influenza la nuova lingua e le conferisce un aspetto distintivo. Pertanto, il latino parlato a Taranto risulta diverso da quello di Pesaro, a Modena o a Venosa.
Osservata la genesi del nostro dialetto, nella prossima puntata si avrà modo di scrutare quegli elementi sintattici, lessicali e morfologici di matrice latina che, seppur inconsciamente, si utilizzano nelle conversazioni quotidiane e che, sedimentati, sopravvivono a distanza di secoli.

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