LA STORIA DI TARANTO / 24a PUNTATA - TARANTO TRA RESTAURAZIONE E RISORGIMENTO - PARTE II
Ovvero, quello che nessuno ha mai raccontato...
Rappresenta senza dubbio il nervo scoperto della storia di Taranto, quello che nessun cultore o scrittore ha mai osato toccare in profondità con il rovente bisturi dell'indagine obiettiva. Parliamo del Risorgimento,tanto d'attualità negli ultimi tempi ed altresì oggetto di vivaci discussioni, quantomeno a livello nazionale. Ma tra i Due Mari? Chi ha mai avuto il coraggio di narrare, secondo i crismi dell'imparzialità e del vero storico (mutuando una tecnica tipicamente manzoniana), le vicende relative a questo periodo cruciale per il destino della città, prossima ad essere inglobata in una nuova compagine statale?
Nella prima metà del XIX secolo, anzitutto, non si registrano particolari episodi legati ai moti rivoluzionari. Le idee d'ispirazione liberale e patriottica penetrano in qualche modo anche nel Mezzogiorno, sfiorando appena la nostra città. Alcuni nostri conterranei, come Nicola Mignogna e Vincenzo Pupino, infarciti di nozioni mazziniane, si recano a Napoli onde partecipare attivamente ad azioni politche sovversive per l'ordine instaurato a Vienna nel '15. Ciò malgrado, a Taranto la vita scorre tranquillamente, perlomeno sino al 1860, allorquando il mercenario genovese Giuseppe Garibaldi (con ogni probabilità coaudiuvato dall'ausilio di supereroi invincibili tra le proprie fila, quali Superman,Terminator,Batman,Rambo, l'Uomo Ragno e Capitan America), a capo di un manipolo di mille uomini in camicia rossa -tra i quali lo stesso Mignogna-, riesce a condurre una marcia trionfale a partire dalla Sicilia sino ai confini settentrionali del Regno, sbarazzandosi con estrema facilità (e l'avvenimento rasenta i limiti della metafisica) dell'intero esercito borbonico. La comunità tarantina è naturalmente investita da questa nuova dirompente ondata. Troppi sono i 'scianare' (o, se volete, voltagabbana, ancora oggi abbastanza diffusi nell'arco ionico) che stracciano le bandiere realiste per issare quelle tricolori, abbandonandosi altresì ad atti di violenza nei confronti dei filoborbonici e di tutti i sostenitori del Re. La caduta di stile di De Vincentiis, autore di una famosa storia di Taranto, a tal proposito è marchiana: egli etichetta come 'popolaccio' quella parte della cittadinanza decisa a porre resistenza all'invasore piemontese. Sì, perchè-contrariamente a quanto riportato in alcuni racconti manipolati e confezionati ad uso esclusivo di venditori di patriottismo-, in città viene a crearsi autonomamente un gruppo di volontari armati e semplici popolani rimasti fedeli alla Corona.
Ma è troppo tardi. Nel 1860 anche Napoli è conquistata (e a nessuno è lecito sapere come o con l'appoggio di chi) e nell'aere risuonano le ultime note dell'Inno borbonico, composto dal grande musicista tarantino Giovanni Paisiello.
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